Cosa accadrà quando tutti i ghiacciai delle Alpi saranno scomparsi?
Io sicuramente non ho una risposta, ma qualche settimana fa, di fronte all’ennesima infografica mostrante il ritiro di un ghiacciaio, nello specifico sto parlando di quello del Forno in Val Bregaglia (CH), l’attenzione mi è caduta su una data, anzi un anno, 1859.
L’infografica posta all’inizio della valle infatti mostra a partire da questo anno fino al 2015 la progressione negativa del ghiacciaio.
Lungi da me voler annoverarmi tra i negazionisti del cambiamento climatico, un ragionamento oggettivo mi è però sorto quasi istintivamente.
Se questo ghiacciaio, come tutti gli altri, si stanno ritirando almeno da 150 anni, significa che il processo è iniziato ben prima che la nostra mano diventasse ingombrante.
La logica quindi mi porta ad affermare che qualunque azione noi metteremo in atto (ieri, oggi, domani), non avrà nessun effetto reale sulla salvaguardia di questi ambienti glaciali.
Semplicemente i ghiacciai spariranno.
Ora torniamo alla domanda inziale, cosa accadrà quando tutti i ghiacciai spariranno? Mi sono immaginato uno scenario nel quale ad esempio l’assenza dell’abituale scioglimento estivo delle nevi e dei ghiacci, non fornisca più acqua ai torrenti e quindi ai fiumi e quindi alle valli. Valli lontane anche centinaia di chilometri.
Pensiamo alla pianura padana senza il Po.
Prima ancora di pensare all’agricoltura, penso all’acqua potabile indispensabile per la nostra sopravvivenza.
Ce ne sarà ancora? E se sì, quanta? E con che qualità?
Corriamo il rischio di non avere acqua da bere da giugno ad settembre?
Nessuno ovviamente lo può sapere.
Ma voglio provare ad immaginare che sia proprio questo lo scenario. Si tratta ovviamente di uno scenario apocalittico la cui prima risposta forse sarebbe quella di emigrare/scappare (i famosi emigranti climatici), ma emigrare dove e a che costo?
Ma facendo finta di avere la certezza che l’esito della scomparsa dei ghiacciai sia proprio questo, oggi, perchè ieri è già troppo tardi, cosa si potrebbe fare?
Un’idea che mi sovviene, anche se non troppo remota visto che esiste uno studio a riguardo, potrebbe essere quella di costruire dighe ovunque sia plausibile raccogliere acqua piovana in quantità.
Per una diga serve una valle quindi quale migliore ambiente se non le Alpi per creare decine o centinaia di serbatoi di acqua?
Ma cosa significa costruire una diga?
Banalmente le prime due cose che mi vengono in mente sono:
1- perdita e alterazione di territorio
2- deturpazione dell’ambiente montano
La domanda quindi che mi pongo è: saremo pronti ad abdicare a tutta una serie di principi che oggi concorrono a preservare ad esempio le montagne e il paesaggio in generale?
Ma immaginiamoci anche altro.
Abbiamo costruito tanti invasi, abbiamo finalmente l’acqua più o meno stivata e al sicuro.
Quello che accadrà dopo è che chi gestirà le dighe gestirà ovviamente anche i flussi che alimenteranno torrenti e fiumi e di conseguenza tutte quelle dighe il cui rilascio ad esempio uscisse dai confini regionali o nazionali potrebbero essere ulteriormente captate proprio per mantenerle all’interno dei propri confini in virtù di un “prima noi, poi forse gli altri”.
In questo caso cosa accadrebbe? Quali equilibri salterebbero e quali invece verrebbero instaurati ex novo?
Ma facendo finta che questo problema venisse risolto, come si troverebbe ad esempio un equilibrio tra l’acqua necessaria alla nostra sopravvivenza e quella ad esempio indispensabile all’agricoltura?
Forse è impossibile dare oggi una risposta a tutte queste domande, però una su tutte, dal mio punto di vista, impone una seria riflessione ovvero: quando decideremo di elevarci ulteriormente nella scala delle priorità, arrivando quindi a sacrificare quello che oggi è insacrificabile, saremo in grado di sopravvivere a noi stessi?
Rimango dell’idea, che al netto delle mie conoscenze, stiamo sprecando tantissime energie nel tentativo di salvare un malato terminale ormai condannato da tempo e non si faccia invece abbastanza per reimmaginare il paesaggio perchè come disse Einstein ‘‘L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione‘‘.
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