E’ il primo maggio, quale giorno migliore per assaporare l’aria di primavera nel bosco.
Il cielo promette acqua e lotta per contendersi il palcoscenico con un sole un po’ pigro che però quando fa capolino tra le nuvole brucia già la pelle.
Si sta bene nonostante tiri un vento infingardo. L’aria a queste quote è ancora fredda.
Il bosco mi accoglie con un terreno zuppo di acqua. Man mano che salgo di quota, la neve, prima a chiazze sporadiche, ridiventa protagonista.
Pare di essere ripiombati in inverno.
E’ una neve marcia e ricoperta di aghi. Non so dire se risalenti allo scorso autunno o semplicemente fatti cadere dal vento di queste settimane come ultimo saluto alla passata stagione in attesa delle nuove sbocciature.
I formicai sono già in piena attività. Gli scoiattoli invece non si sono mai fermati.
Abituato che l’unica forma di vita nel mio orizzonte è rappresentata da miei simili, ad ogni fruscio, ad ogni movimento l’occhio guizza in cerca di forme di vita diverse, “nuove”.
Intravedo un foro nel tronco di un abete e mi avvicino per guardare.
Due cince piuttosto infastidite di vedere un umano troppo vicino al loro nido, si prodigano in un canto che ha poco dell’accogliente e non lascia nulla all’immaginazione.
Poco lontano una tana di volpe attira la mia attenzione.
Schianti ovunque come è giusto che sia. Il vecchio lascia il posto al nuovo. Il debole al forte.
Qui pare di percepire nettamente quale sia “l’ordine naturale delle cose”.
Qualche sporadica goccia decora le pozzanghere che sostituiscono i cumuli di neve.
Mi sovviene un paragone con il bosco in autunno, quando tutto si prepara per la stasi invernale, oggi, in piena primavera, si coglie chiaramente un fremito anche se la sensazione è che sia ancora tutto immobile, in attesa.
Forse si attende solo che il sole faccia sentire chiaro e forte il suo richiamo.
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