Osservare e guardare sono la stessa cosa?
Personalmente ritengo che siano due azioni che sì vengono svolte dal medesimo organo, ma che abbiano implicazioni obiettivamente diverse. Del resto la definizione stessa del vocabolario distingue questi due verbi. Con questa premessa ritengo di posizionarmi più come “osservatore” che come “guardatore”.
Ma non è sempre stato così.
E’ infatti da quando ho cominciato a “guardare” attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica che ho iniziato ad osservare veramente il mondo che mi circonda. Osservare per me ha immediatamente delle ripercussioni emotive perchè quando cominci a soffermarti sulle cose che guardi osservandole con attenzione è proprio allora che non si parla più solo di vista, ma entrano in gioco altri sensi.
L’azione dell’osservare necessita quindi di un impegno decisamente superiore rispetto ad uno sguardo sfuggente o attento che dir si voglia. Osservare è immergersi nel contesto ed entrare in “contatto“.
Questo contatto che in una maniera o nell’altra tanto mi spaventa, mi ha spinto negli anni a cercare la solitudine quale risposta naturale ad una altrettanto naturale inadeguatezza versi i rapporti interpersonali. Pensandoci bene, forse non è proprio solitudine, ma più un’assenza dell’uomo. Un assenza che viene riempita da una Natura che prima di ogni altra cosa temo visceralmente. Probabilmente, se non ne avessi così paura, non se sarei così attratto, ma questo poco importa. Quel che conta è applicare l’azione dell’osservare alla Natura. Questa azione ha implicazioni enormi, in primis, come già accennato precedentemente, da un punto di vista emotivo. Con gli anni infatti, ho capito che prima di ogni altra cosa bisogna vivere il presente anche in mezzo ad un bosco od in cima ad una montagna o seduti in riva ad un torrente o quello che volete voi. Grazie a questa banale scoperta ho rivoluzionato il mio approccio verso il presente.
Un tempo vivevo ogni cosa con l’urgenza e la frenesia di arrivare alla meta, ad un certo punto mi sono reso conto che agendo in questo modo, tutto il trascorso che mi aveva condotto a quella specifica meta, era stato praticamente inutile. Nessuna traccia era rimasta a testimonianza di questo o quel percorso.
Oggi sono cosciente che la meta è “sacrificabile“, che ci sono determinate circostanze che mi permettono di equiparare il percorso alla meta. In questo modo, ogni singolo passo che compio verso una qualsiasi meta diventa esso stesso una meta.
Ecco quindi che osservare diventa essenziale per rendere giustizia nel miglior modo possibile ad ogni momento di un’esperienza.
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