Questa estate scrissi un post-pensiero sul perché vado in montagna.
Lo scorso ottobre, durante la campagna autunnale in Dolomiti, ho avuto la fortuna e l’opportunità di ritrovarmi a riflettere nuovamente sul perché vado in montagna.
Camminare è una pratica catartica anche quando la fatica e lo sforzo sono importanti.
Concentrarsi sul respiro, coordinare il proprio corpo, convoglia i pensieri in una direzione esattamente contraria al pensiero negativo.
Ma quali sono quindi i presupposti per ritrovare una certa libertà mentale?
Oggi vi propongo 3 azioni: ripetere il gesto di camminare, lasciare che lo sguardo vaghi sui panorami circostanti, lasciarsi permeare dal silenzio degli spazi.
In questo modo i pensieri affiorano spontanei.
Ecco quindi che con una combinazione di questi fattori, ho messo a fuoco uno dei motivi del perché vado in montagna, ovvero la montagna mi aiuta a ritrovare una pace interiore che normalmente non ho quasi mai.
L’equazione delle 3 azioni proposte non sempre sortisce l’effetto desiderato, del resto non c’è niente di certo nella vita e come animali non possiamo prevedere quali saranno gli esiti di un’attività nel corso del tempo.
A volte mi ritrovo in pace, altre volte i pensieri negativi continuano ad affollare la mente, altre volte invece la mente è semplicemente vuota anche se in assenza di pace.
Quello che è certo è che ripetere queste 3 azioni come se fossero un mantra, aumenta la probabilità di ottenere il risultato desiderato.
La pratica rende migliori!
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