Leggo su Discorsi Fotografici Magazine l’articolo dal titolo “Perché scattare in analogico, oggi?” e mi sento chiamato in causa.
Nell’articolo vengono evidenziate alcune motivazioni per cui oggi non ha nessun senso scattare in analogico. Di queste motivazioni l’unica che può avere un senso, o che per lo meno mi trovo d’accordo, è quella legata ai costi di questo tipo di fotografia.
I rullini costano un occhio della testa. Il processo di sviluppo ed eventualmente scansione dei negativi ha un costo importante. Possiamo dire che un rullino da 36 pose sviluppato e scansionato copre tranquillamente il costo di una compact flash.
Leggere invece che scattare in analogico è estremamente rischioso o che è altamente macchinoso mi lasciano quanto meno interdetto. Frasi del genere mi dispiace ma strizzano l’occhio al mainstream del titolo eclatante acchiappa click.
Mi trovo particolarmente in disaccordo con questa visione, chiaro che l’errore sopratutto per chi è inesperto, è sempre dietro l’angolo, ma da qui a presentare l’attività analogica sotto questi aspetti mi pare offensivo per chi invece si applica con passione e diligenza alla pratica.
Ora perché io ho ripreso a scattare in analogico e perché nel 2021 ho ripristinato la camera oscura?

Fin da quando ho iniziato a fotografare nel lontano 1989, mi sono scontrato con l’aspetto economico della pratica.
Aspetto che in un amatore non è da sottovalutare e che spesso ha agito da deterrente allo scatto compulsivo. Questione direi abbondantemente sdoganata invece con il digitale.
Ritornare a scattare in analogico mi ha imposto prima di premere il fatidico bottone di operare due azioni: osservare e pensare.
Spesso con l’attrezzatura digitale si cade nel tranello del “lo sistemo dopo” o “dopo elimino i files”.
Questo non fa altro che alimentare un approccio estremamente superficiale sopratutto riguardo il paesaggio che è quello di cui mi occupo.
Pensare una fotografia è prima di tutto pensare un paesaggio. Serve un tempo per assorbire il paesaggio, per pensarlo e per digerirlo.
Tempo che il mondo attuale del digitale ha compresso nel mantre del tutto e subito.
La fotografia analogica impone uno stop

Grazie alla fotografia analogica sono tornato, anche con il digitale, ad un approccio più meditativo ed i risultati sono evidenti.
Scattare in analogico significa scattare meno, significa attendere il momento giusto, significa studiare.
Significa recuperare quel rapporto con la fotografia che, per quanto mi riguarda, oggi è un modo di vivere.
2 Comments
Gentile autore,
Nell’articolo di Discorsi Fotografici da lei citato, la domanda di apertura voleva essere appositamente provocatoria, per poi arrivare al cuore dell’articolo che, forse lo avrà capito, è stato scritto da una autrice che scatta quasi esclusivamente in analogico. Le riporto il passaggio clou del nostro articolo:
Perché, dunque, milioni di persone al mondo continuano a farlo? Forse perché la domanda è sbagliata in partenza: forse perché al posto di domandarci se abbia un “senso” dobbiamo invece chiederci “perché” lo facciamo. Perché, quindi, scattare in analogico oggi?
Cordiali Saluti
Silvio Villa, DFM Magazine
Grazie del commento Silvio, mi è chiaro il senso provocatorio della domanda posta nel post ma, se come dice lei Chiara scatta quasi esclusivamente in analogico, allora, dal mio punto di vista ovviamente, affermare che “scattare in analogico è estremamente rischioso” o che “scattare in analogico è altamente macchinoso” non mi convincono per nulla, anzi.
Per il resto concordo, la vera domanda è perchè e la risposta ritengo sia molto personale, per quanto mi riguarda nel mio post accenno proprio alle mie motivazione.
Grazie ancora.