Ultimamente molti dei miei pensieri ruotano intorno allo stare.
Di per se lo stare induce a pensare a un non movimento, all’immobilità.
Quante volte ci siamo sentiti apostrofare con il classico “stai fermo”?
Di certo non viene spontaneo pensare al verso stare come ad un verso di movimento o di intenzione.
Oggi per me lo stare è questo, è un’azione prima di tutto di intenzione.
Continuo a riflettere su come approfondire questa mia relazione assolutamente superficiale con l’ambiente. Continuo a ragionare su cosa potrei fare o leggere o studiare o apprendere per cercare di avere delle risposte di qualunque natura dall’ambiente.
Forse la risposta che in questo momento rispecchia di più la mia ricerca è proprio questo stare.
Stare in relazione.
Stare in ascolto.
Stare in presenza.
Stare.
Esserci.
Capisco che mi sto giocando questa cosa sul filo del rasoia, nel senso che la distinzione che lo stare fermi e lo stare in relazione sia piuttosto sottile, ma tantè che è proprio questa inezia che determina il grado di vicinanza con la mia parte più istintiva e quindi meno raggiungibile.
Pare banale, ma nella mia fotografia lo stare è un elemento indispensabile per la concretizzazione della mia visione.
Lo stare mi aiuta ad entrare in connessione con quello che mi circonda.
Lo stare mi permette di pensare a quello che voglio realizzare.
Lo stare mi porta ad osservare il mio soggetto con densità.
Senza lo stare la mia fotografia sarebbe semplicemente un’altra fotografia scattata in un momento qualunque di un giorno qualunque in un luogo qualsiasi.
Lo stare invece è intenzione. Intenzione nello sguardo, intenzione nei gesti, intenzione nell’ascolto.
Lo stare è anche non fotografare perchè lo stare è essenzialmente essere.
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