E’ l’ultimo sabato di ottobre e la temperatura è prossima ai zero gradi centigradi. Il sole sta nascendo alle nostre spalle riscaldandoci la schiena mentre le nostre ombre si allungano a dismisura davanti a noi come a guidarci lungo il sentiero che sale dolcemente. Un’alternanza di larici ed abeti crea un contrasto furioso tra il giallo/arancio ed il verde. Il paesaggio è al limite del surreale.
Man mano che procediamo la sensazione di essere degli intrusi è palpabile. Uno scoiattolo si arrampica su di un abete, mentre due corvi giocano tra le punte dei larici. E’ un gracchiare convulso il loro che velocemente si perde nel cielo. Giungiamo ad una prima malga ed il cracchiare ritorna incessante. Penso ad un anticipo di inverno che questi corvi già sentono nel loro dna. Volano da una punta all’altra senza degnarci di uno sguardo.
Penso sempre a come sia facile per loro muoversi nell’aria mentre noi arranchiamo sui nostri passi sudando come delle fontane. Sempre questo pensiero che la fatica la facciamo solo noi umani mentre il resto si muove senza gravità o attrito. Che presunzione che abbiamo.
Il sentiero finalmente si impenna e ci inerpichiamo nel bosco lungo una pista stretta e tortuosa. Capo chino a guardarsi i piedi. Uno avanti all’altro senza alzare lo sguardo per paura di non scorgere la fine di questo supplizio. Ci concediamo una sosta ristoratrice su di un balcone naturale quando all’improvviso sbuca il sole da dietro uno sperone di roccia. Di colpo è giorno. I larici gialli illuminati dal sole riflettono una luce dorata, è un momento magico. Ma di nuovo quel cracchiare, questa volta più vicino, talmente vicino che possiamo udire distintamente lo spostamento d’aria che le ali dei due corvi provocano.
Siamo solo noi e loro. Capisco finalmente il significato di questo cracchiare, è come il latrato del cane da guardia, un avvertimento per il popolo invisibile di questi boschi a tenersi alla larga perchè sconosciuti stanno penetrando nel loro territorio. Cercheremo, anche se invano, di disturbare il meno possibile con la nostra goffaccine.
Usciamo finalmente dal bosco ed i corvi ci lasciano al nostro destino mentre sudiamo gli ultimi metri per raggiungere il passo. Penso che siamo fortunati ad essere qui oggi, noi due soli, ma poi penso che no non è vero, perchè giù in fondo alla valle una schiera di gente si è accontentata di rimirare un riflesso sull’acqua, per essere qui invece, devi averlo voluto. Noi lo abbiamo voluto e ce lo siamo sudato. Ecco il premio per aver calzato gli scarponi, una pace ed una solitudine che solo silenzio è in grado di misurare.
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