Parto da questa semplice forma verbale, ti cui riporto come prima cosa la definizione presa dalla Treccani:
repetita iuvant ‹… i̯ùvant› (lat. «le cose ripetute piacciono, giovano»). – Sentenza latina d’incerta origine, che si pronuncia spesso, nell’uso corrente, quando si sta per ripetere qualche cosa che già si sia sperimentata come piacevole, e talora in altro senso, per affermare l’utilità di ripetere una raccomandazione, un precetto, un ammaestramento.
Possiamo applicare alla fotografia in generale, e a quella di paesaggio in particolare, questa definizione?
La mia idea è che non solo si può, ma si deve!
Quando si lasciano le certezze di uno studio per le infinite variabili dell’ambiente, diventa fondamentale ripetere l’esercizio. Ma di quale esercizio o esercizi parlo?
Definita una meta, è necessario visitarla più volte, guardarla da prospettive differenti, viverla nella quattro stagioni e con condizioni metereologiche diverse.
Questo affina lo sguardo, approfondisce la conoscenza e di conseguenza la relazione con quella meta si fa più profonda, più forte, più intima.
Qualche giorno fa sono tornato per l’ennesima volta lungo un percorso ormai abbastanza consolidato. La stagione non offre ancora lo spunto dei colori autunnali e l’estate ormai è un lontano ricordo. L’acqua scarseggia e la recente perturbazione mi ha lasciato un cielo inutilmente grigio.
Mi sono chiesto cosa fare di nuovo, non solo come soggetto ma anche come composizione.
Onestamente subito non ho trovato risposte degne di essere trascritte in questo post. Mi sono semplicemente detto, andiamo a vedere com’è, la luce fa schifo, il bosco è anonimo. Alla peggio avrò trascorso una bella giornata in ambiente.
Con queste premesse ho lasciato a casa le aspettative e mi sono semplicemente lasciato pervadere dall’ambiente cercando di rinsaldare una relazione che necessità continuamente di rinnovamento.
Ho lasciato vagare lo sguardo lungo i tronchi dei faggi. Ho gettato i miei soliti sguardi versi le chiome. Ho respirato aria pura. Ho vissuto.
Con tutto questo mi sono riscoperto esploratore attento. L’ambiente cambia in continuazione e se il macro può dare l’idea di non essere diverso dalle volte precedenti, il micro riserva sempre delle sorprese allo sguardo curioso.
Ecco quindi che il mio “repetita iuvant” mi ha portato a nuove inquadrature di soggetti ormai consolidati nella mia esperienza. Mi ha portato a non fermarmi al primo incontro con un luogo accontentandomi del sublime del momento, ma mi ha spronato ad esplorare e a guardare e ad affrontare la sfida di produrre, anche solo per il mio piacere, una fotografia diversa.
Il risultato finale si può condensare in questa fotografia scattata quasi al termine della giornata. Si tratta di un dettaglio della cascata denominata “Cascadora”.

Uno scatto immerso nell’acqua di oltre 13 minuti, per portare a casa l’atmosfera surreale che intercorre tra la staticità della roccia e la fluidità dell’acqua.
Uno scatto che entra prepotentemente nella serie “Rocks and Water” come uno dei più importanti realizzati.
Non abbiate quindi paura di tornare spesso negli stessi luoghi perchè repetita iuvant!
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