Questo weekend ho realizzato che nonostante siano più di 35 anni che frequento foreste e montagne, tirando le somme, oggi mi sento comunque inadeguato a questo ambiente che tanto mi serve per sopravvivere.
Riconosco che frequentare boschi, salire montagne, esplorare torrenti, siano attività che ogni giorno di più mi servono per sopravvivere a questa società e svangare il quotidiano.
Nonostante questo, nonostante la pratica, le letture, la sperimentazione diretta, il senso di stupore, l’umiltà e la consapevolezza con cui mi immergo e mi lascio permeare da questi luoghi che reputo santuario di salute, se domani mi vedessi costretto a sopravvivere fisicamente in questi luoghi, non saprei da dove iniziare.
Sono essenzialmente inadeguato come il resto del 99,99% della popolazione umana di questo pianeta.
Per quanto mi sforzi di cercare quei contatti che reputo essenziali per il mio benessere, rimango inesorabilmente legato al cordone ombelicale che questa società mi ha fornito alla nascita.
Mi sento strattonato da un’imprinting che ha raso al suolo qualunque passato legato alla Natura, soggiogato con le armi della seduzione che questa società mette in campo continuamente.
Perennemente in conflitto con quello che vorrei e quello che invece credo mi serva.
Il tanto inflazionato “less is more” è quanto mai in voga, anzi, nel futuro prossimo sarà all’ordine del giorno di un lessico che vedrà le stesse parole e gli stessi concetti utilizzati per sviare chi pone domande e dubbi.
No scusate, questo sta già avvenendo oggi.
Sono fermo in mezzo al bosco ed analizzo un’impronta chiaramente di un cervo adulto.
A fianco i miei piedi calzano scarponi in pelle che mi proteggono e mi permettono di muovermi liberamente su quasi ogni terreno.
Vorrei togliermi scarponi e calze e seguire queste tracce ma non ne sarei in grado.
Che razza di mondo è questo?
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