Una riflessione sul vuoto che crea la luce a dispetto degli spazi che le ombre riempiono.

Nel suo post “Tutte le immagini vengono dal buio“, Smargiassi fa riferimento allo scrittore giapponese Jun’ichirō Tanizaki ed al suo saggio “Libro d’ombra“.
Non ho ancora letto questo saggio, ma una frase che riporta Smargiassi mi ha colpito profondamente: “La bellezza degli interni di case giapponesi, dipende da sottili variazioni di ombra. L’ombra riempie gli spazi che altrimenti la luce trasformerebbe in vuoti.“
Se pensiamo ad una rappresentazione fotografica di un paesaggio nella quale ogni elementi è perfettamente illuminato, quello che otteniamo è il vuoto.
Vuoto di mistero.
Vuoto di ricerca.
Vuoto di ispirazione.
Vuoto di comunicazione.
Perché quando tutto è leggibile, quando tutto è rivelato allora non rimane più nulla da scoprire.
Come può quindi una fotografia stimolare un percorso prima interiore poi esteriore se ogni suo elemento è chiaro e limpido all’osservatore?
A questa domanda rispondo che il mio istinto mi ha portato da sempre ad indagare sul paesaggio partendo da un punto focale inamovibile, la luce.
Sembra paradossale, ma guardando in questo modo, il risultato che ottengo è fotografare un paesaggio riempiendolo di ombre e lasciando quindi all’osservatore, me per primo, l’onere di esplorare quegli angoli bui che fanno di una fotografia la sua vera anima.
Il vuoto della luce è per molti, il pieno delle ombre per pochi
Esplorare una fotografia piena significa essere in grado di:
- concedersi del tempo
- guardare con attenzione
- formulare un proprio pensiero
Se guardiamo a ciascuno di questi tre punti, ci pare chiaro che il mainstream attuale è semplicemente l’esatto contrario.
Nessuno ha tempo per approfondire un argomento con il risultato che l’atto stesso del guardare viene svolto con superficialità, ne consegue che i pensieri che si è in grado di formulare risultano banali e privi di spessore.
La ricerca del pieno oggi è quanto mai fondamentale per garantire, a chi ancora è in grado di ritrovarsi in quei tre punti, di non appiattirsi ad un pensiero dominante ma di coltivare la propria visione mantenendola unica.
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