Da quest’anno ho pensato di organizzare una serie di uscite in ambiente che ho chiamato “Camminare fotografie“.
Si tratta di giornate dedicate all’esplorazione di quella fase che precede la realizzazione di una fotografia e che io reputo fondamentale come momento di consapevolezza di me, dell’ambiente che mi circonda e di come lo voglio raccontare.
La mia proposta è quella di stimolare la consapevolezza e la visione che ognuno di noi può avere ad esempio della montagna che è il mio terreno di formazione e crescita personale.
Credo che solo la consapevolezza di cosa vogliamo comunicare ci aiuti a raccontare l’oggetto del nostro desiderio in maniera unica ed autentica, cioè nostra.
L’obiettivo di queste giornate è infatti dare alle persone quegli strumenti che permettano di raccontare la loro montagna, il loro sentire, le loro emozioni, che siano queste attraverso una fotografia, un disegno, uno scritto.
Se sei interessato/a puoi cliccare qui per leggere nel dettaglio di cosa si tratta o, se preferisci, puoi scrivermi alla mia mail filippo.macchi@gmail.com
Tutto questo nasce perchè negli ultimi 2 mesi sono incappato in almeno un paio di post redatti da una nota iniziativa editoriale, nei quali si mette chiaramente in discussione il senso di una narrativa, visiva e non, della montagna alla luce della situazione della montagna stessa.
In particolare mi sono sentito punto sul vivo in merito alla rappresentazione visiva/artistica della montagna (perchè non esiste solo Instagram e la fotografia).
La domanda quindi che viene posta è se sia arrivato il “momento di abbandonare la retorica della montagna incontaminata”.
Ecco tre risposte che dal mio punto di vista trovano un senso nella mia esperienza.
La prima è la mia personale: ritengo che, nella misura in cui si abbia qualcosa da dire e una visione chiara di un ambiente, poco importa che sia la montagna o altro il soggetto del nostro risuonare, la rappresentazione che si da attraverso una fotografia, un disegno o altro, ha un valore inestimabile perchè è la propria.
E’ espressione diretta del proprio sentire e della propria esperienza.
Non ho pretese di imporre la mia visione ma ho la certezza di voler esprimere le mie idee ed i miei punti di vista e lo voglio fare in una determinata maniera (visione).
Questo nulla toglie alle altre rappresentazioni, anzi, per certi versi aggiunge un contributo alla discussione.
La seconda è che il concetto di “montagna incontaminata”, dal mio punto di vista è una reazione naturale alla devastazione delle pianure.
Tutti siamo contenti di avere a portata di mano servizi ed opportunità intrinseche delle città. E’ anche vero però che spesso la qualità della vita nelle città, se la rapportiamo a determinati bisogni, è particolarmente scadente.
La “fuga” verso ambienti più salubri in senso generale è stata, ed è tutt’ora, una reazione uguale e contraria alla compressione della città.
Anche qui mi pare che ci sia stato nel corso degli ultimi decenni un incontro tra domanda ed offerta perfetto.
La terza ed ultima, per non tediarvi troppo, nasce da una carenza di cultura dell’immagine.
Paradossalmente siamo sommersi giornalmente da un flusso inarrestabile di immagini, è impensabile che una forza del genere non provochi dei mutamenti profondi, per lo meno sull’estetica del paesaggio.
Come ho scritto diverse volte, questo flusso ha contribuito ad appiattire la cultura dell’immagine promuovendo la “cultura del like”.
Oggi il paesaggio è funzione dell’immagine che viene veicolata sui media, il risultato è, come viene sottolineato in uno di questi articoli, assembramenti a macchia di leopardo in funzione dell’immagine che rende un luogo riconoscibile.
Un luogo “funziona” nella misura in cui la fotografia che lo rappresenta si confà alla visione del mainstream.
Sinceramente penso che certi contributi editoriali siamo semplicemente aria fritta. Non aggiungono nulla, ma proprio nulla, alla discussione su un tema sicuramente molto importante.
Vengono sempre poste questioni senza mai scendere veramente al cuore del problema o proporre possibili soluzioni o punti di vista diversi.
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