Dopo giorni di maltempo finalmente questa mattina ci siamo svegliati con un barlume di sole e la speranza di poter godere una giornata per lo meno discreta. Dai fondovalle risalgono enormi ammassi di nubi, mentre saliamo lentamente nel bosco respirando il profumo di resina, ogni tanto uno scorcio tra l’intricato intreccio di rami di abete e larice lascia intravedere uno spettacolo surreale. Le cime delle Dolomiti di Sesto sono illuminate da un tenue sole mentre alla loro base un tappeto di nubi grigio scure lentamente si muove lungo le valli come un altalena mossa da un bambino.

Anche questo bosco mostra i segni del recente disastro provocato dal vento. Diversi alberi sono stati semplicemente sradicati accatastandosi gli uni con gli altri. Mentre risalgo il pendio penso a come quello che per noi appare un disastro di proporzioni enormi, per la Natura è il semplice procedere degli eventi. Tra 50, 100 anni da oggi Lei avrà messo a posto quello che oggi appare distrutto. Penso a come per noi uomini sia così difficile proiettare un pensiero oltre la durata della nostra vita. Da un lato è un grandissimo limite, dall’altro mostra tutta la nostra arroganza nel pensare a tutte queste cose come una privazione personale, come se tutto questo fosse nostro.

Finalmente usciamo dalla linea del bosco ed in poco tempo guadagniamo quota 2300 nei pressi di una selletta dalla quale si domina una buona fetta della Val Pusteria. Ci sono almeno 10 cm di neve fresca e patocca che non aiutano il cammino, ma la solitudine e la pace di questo momento ci appagano completamente. Un breve spuntino, qualche foto di rito e lentamente scendiamo in direzione di quello che sulla cartina è indicato come Monte Salzla, un piccolo promontorio a balcone sulla valle posto a 2131 metri.

Il cielo continua a mantenersi in parte coperto. Grossi banchi di nubi in risalita offuscano spesso la vista. Regna quella luce bluastra e grigia tipica dell’acciaio. Perfino i larici nel loro vestito caldo autunnale appaiono spenti e tristi.
Attendiamo con pazienza il tramonto mentre lentamente, e dico io, finalmente, le nubi cominciano a diradarsi verso est. Il sole sta velocemente calando dietro Plan de Corones, il controluce è pazzesco con le nubi rimaste in valle illuminate dall’alto, mentre il cielo è striato dai cirri. Il tepore del sole al tramonto ci regala un paio di ore di ristoro.
Come cambia il morale quando il sole esce dalle nubi ed illumina la nostra via.

E’ giunto il momento dei colori. I larici presi di infilata dai raggi obliqui del sole, splendono in tutto il loro fulgore. Un tripudio di gialli ed aranci che riscalda veramente il cuore. La neve fresca sulle cime risplende di un bianco cristallino, lindo, perfetto, mentre più in basso le ombre si allungano velocemente sui boschi. Striature rosa decorano il cielo regalandoci gli ultimi sprazzi di luce. E’ ora di scendere.
Imbocchiamo il nostro sentiero e con il cuore leggero e lasciamo vagare la mente. Le pile frontali riflettono il nostro fiato che con l’abbassarsi veloce della temperatura ha cominciato a manifestarsi chiaramente.
Chiacchieriamo del più e del meno, facendo i nostri piani per il futuro, per il prossimo inverno, per i prossimi impegni.
Dal nulla getto lo sguardo alla mia sinistra e rimango folgorato dalla presenza di 6 luci in quello che credo di intuire essere un prato. Ci fermiamo all’istante e con curiosità cerchiamo di scrutare nel buio fin dove le frontali riescono a vincere la notte. Si tratta di 3 ungulati, difficile dire se caprioli, cerbiatti o altro, il buio è totale. Probabilmente abbagliati dalle nostra luci, sono rimasti un po’ interdetti e non mostrano particolare diffidenza. La scena è veramente buffa. Ogni tanto un paio di luci spariscono a significare un battito di occhi. Non so se ridere o semplicemente gioire della cosa. Credo entrambi.
Salutiamo i nostri compagni di bosco e continuiamo a scendere. Penso a quando siamo lontani da tutto questo che ci circonda a pochi centimetri da noi. A come abbiamo perso il contatto con “chi siamo” e da “dove veniamo”, mi intristisce questa cosa e penso a quelle tante occasioni nelle quali abbiamo avuto il privilegio di vivere anche solo per qualche istanza, delle esperienze “ancestrali”. Mi piace scriverle nelle loro banalità per non perderle e conservare a memoria un ricordo di quei pochi impagabili istanti.
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[…] tra il giorno e la notte nel quale un certo tipo di animale si affaccia al limitare dei boschi. Qualche incontro è avvenuto le emozioni rimangono […]