Abbiamo perso tutto. Viviamo completamente avulsi dalla realtà che ci circonda. L’unico sentimento che ci è rimasto di naturale e dal quale è impossibile liberarci è la paura.
Voglio parlare di paura e cosa c’è rimasto fuori dalle nostre porte di casa. Ma facciamo un passo un indietro.
Un paio di settimane fa Paolo Cognetti ha scritto un interessante post dal titolo “Di lupi e anarchia“. Nel post racconta come nel territorio dove vive, e più in generale in tutte le Alpi Occidentali, il problema del lupo sia ormai all’ordine del giorno. Del resto anche da noi, nell’Appennino Settentrionale ormai sono anni che la presenza del lupo è conclamata.
Ho letto con molto interesse sia la sua esperienza personale ed il suo punto di vista che l’intervento di Irene Borgna che nel suo ruolo di antropologa e collaboratrice del progetto Wolf in the Alps, racconta come sia complesso mediare tra tutti gli attori interessati e non e i bisogni che ognuno mette sul tavolo.
L’aspetto però che più di ogni altro è evidente per me, e nella sua evidenza ahimè è terrificante, è come noi europei abbiamo completamente, e forse irrimediabilmente, perso quella relazione con il mondo naturale che ci circonda.
L’unica cosa che oggi sentiamo è la paura. Forse vorremmo farne a meno, ma è impossibile. La paura è un sentimento primario, è grazie alla paura che oggi siamo qui. La paura è quella che oggi ci ricorda che anche noi, anche se non lo vogliamo ammettere e cerchiamo di far finta di nulla, siamo degli animali e condividiamo lo stesso spazio con qualunque altro essere vivente che nasce e muore su questo pianeta.
In verità a noi umani condividere va un po’ stretto.
Non a caso dove arriva l’uomo, più o meno velocemente viene fatta piazza pulita di ogni forma di vita che possa anche solo lontanamente insidiare il suo piccolo cortile. Quando l’uomo se ne va, vedi a tal proposito lo spopolamento della montagna degli ultimi decenni, la vita si rifà viva. Questa correlazione fa pensare. A me fa pensare.
I miei pensieri vanno giocoforza al periodo trascorso in Canada, e a come mi sentivo durante i trekking in zone sconosciute con la consapevolezza di non essere solo. A come i sensi fossero costantemente all’erta. Era la paura. La paura dell’ignoto, la paura del pericolo. In Europa queste sensazioni sono pressoché precluse a chi frequenta la montagna o altri ambienti. Per lo meno nella stragrande maggioranza delle zone.
Come possiamo pensare di recuperare un legame, un contatto con quel mondo naturale che ogni giorno contribuiamo ad annichilire?
Io credo sia impossibile. Continueremo a fare mille leggi per arginare, inquadrare, gestire, uniformare, appiattire tutto quello che non riusciamo a comprendere fino a quando, nel momento del nostro successo finale, ci renderemo conto che di tutto questo non rimane nulla se non qualche disegno su qualche libro. Vivremo il resto che ci rimane nella solitudine dei nostri social network.
Gente abbiate paura!
Mi sono poi imbattuto casualmente in questo trailer del film The Zone, che ha come protagonista Rob Wood, e durante la sua intervista dice esattamente le stesse identiche cose che vado ripetendo da anni. Mi fa enormemente piacere constatare di non essere l’unica mosca bianca in giro.
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