Eccoci qua, 24 Marzo 2023, ho appena finito di leggere un articolo sull’Indipendente dal titolo, “L’Alto Adige vuole approvare una norma per permettere l’abbattimento di orsi e lupi“.
In verità il titolo è leggermente fuorviante, ma il contesto qual’è?
Mi pare che a fine mese, nel Tirolo, la regione austriaca che confina direttamente con l’Italia e l’Alto Adige, verrà approvata una legge locale che snellirà, così leggo, la pratica di abbattimento di grandi predatori, in primis lupi e orsi.
A questi si aggiungono anche la lince e lo sciacallo dorato.
Detto questo, tale Arnold Schuler, assessore provinciale dell’Alto Adige per l’agricoltura e le foreste, è particolarmente interessato alla cosa in quanto pare che in Alto Adige, così come poi in effetti in tante altre zone dell’Italia, il problema dei grandi predatori, lupi e orsi in prima linea, pare essere ormai un’emergenza conclamata e fuori controllo.
In questo articolo tra l’altro, viene riportato un dato secondo me molto interessante che risale al 2021, anno nel quale la provincia di Bolzano ha registrato una perdita di bestiame pari a circa 54.000 € di controvalore.
Questo danno è ovviamente imputato ad attacchi da parte di lupi. Ma quanti sono questi lupi?
Riporto uno stralcio dell’articolo:
“Nel 2021 la provincia di Bolzano ha registrato una perdita di circa 54.000 € di bestiame a causa degli attacchi dei lupi, mentre dal punto di vista della presenza fisica dei predatori, gli animali in loco appartengono quasi tutti a branchi a scavalco con altre province. In totale si calcolano poco più di una trentina di esemplari.“
Penso che nel bilancio di una provincia a statuto autonomo come quella di Bolzano, 54.000 € siano briciole. Però si potrebbe anche dire che si tratta sempre di soldi dei contribuenti, perché quindi sprecarli per risarcire gli agricoltori che si vedono ammazzati qualche capo di bestiame?
Magari si potrebbero usare per altro, ottimo.
A questo punto il pensiero va a tante altre zone dell’Italia, tra cui ad esempio la mia, l’Appennino Tosco Emiliano, nella quale la presenza di lupi è particolarmente cresciuta nel corso degli ultimi venti, trent’anni, tanto basta che ipotetici o fantomatici avvistamenti nella fascia pedecollinare non si sprecano durante l’anno e soprattutto nei periodi autunnali ed invernali.
Però il pensiero che mi è sorto è questo?
Stiamo facendo tante attività per reintrodurre tutta una serie di animali che avevamo eliminato, tra cui il lupo e l’orso su cui sono state fatte attività pluriennali veramente importanti, per valorizzare, ovviamente, un territorio, per valorizzarne la biodiversità, per valorizzare il paesaggio, per valorizzare, insomma, un ambiente che in passato è stato praticamente raso al suolo dal punto di vista non solo biotico.
Interventi questi che hanno poi avuto, o stanno avendo, degli effetti positivi.
Non si può quindi pensare di reintrodurre degli animali, che per loro natura si spostano su distanze vastissime, e che ahimè, non mangiano erba, ma mangiano carne, e dirgli “ok gente adesso siete tornati, però ve ne state un attimo buonini in questo recinto, cioè, guai mai se vi presentate lì o se andate là.”
Insomma. Va bene tutto però con con moderazione.
Questa tendenza io credo che si noti in maniera forte, ma veramente forte, in tantissimi ambiti legati al territorio.
Quello che stiamo facendo è imporre un paesaggio anestetizzato.
Ma che cosa significa?
Intendo molto semplicemente che il paesaggio, il territorio, in sintesi viene inteso come una sorta di zoo, di vetrina, un pò com’era Jurassic Park.
Un parco giochi, o meglio un grande centro commerciale, nel quale si fanno arrivare i turisti con la promessa di esperienze fantastiche con l’unico scopo di generare quattrini e per farlo è necessario imporre un’esperienza anestetizzata.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che qualunque tipo di imprevisto, di qualunque natura, non è contemplato, stop.

Significa che il pericolo? Guai mai.
Significa che allora dobbiamo vietare tutta una serie di attività per scongiurare quel pericolo.
Proponiamo ad esempio esperienze di immersione nella natura? Però guai mai uscire dal sentiero, mi raccomando eh, perché chissà cosa succede se tu fai un passo 10 metri più in là e così via.
Se facessimo una ricerca gli esempi di questo tipo si sprecherebbero. Questo tipo di comportamento, comunicazione, a doppia mandata è ormai all’ordine del giorno. Amen.
La domanda che nasce spontanea a questo punto è: “ma in altri posti, come fanno a convivere con un ambiente che magari offre la possibilità di incontro/scontro con il selvaggio (chiamiamolo così)?
Semplice, di base si fa informazione, poi si fa controllo, poi si fa divieto.

Qui invece la scuola ci dice che no, non ti preoccupare, tu segui me, io ti prendo per mano e ti porto in giro, ti faccio fare un’esperienza fantastica, per cui quando torni a casa potrai raccontare ai tuoi amici, potrai raccontare ai social che hai fatto una figata pazzesca, però, le regole sono queste, cioè decido io qual è il perimetro all’interno del quale tu ti muovi.
Tu da solo, non puoi più fare nulla.
A tal proposito l’evento, sicuramente tragico, che ha visto protagonista il runner trentino Andrea Papi, evidenzia in maniera clamorosa proprio questa situazione.
Chiaramento ora si corre ai ripari perchè l’unico mantra che in questi casi predomina è “di chi è la colpa?“.
Sì è necessario trovare un colpevole a cui addossare questa responsabilità e potercene quindi lavare le mani con un classico “non è colpa mia“.
Ahimè la questione è decisamente più complessa perchè come sempre si arriva ad un dunque non per un unico fattore ma per una concomitanza di eventi e/o decisioni, spesso anche fatte a distanza di tempo considerevole.
Dato che in questi casi ci piace tantissimo nasconderci dietro le posizioni altrui, meglio se si tratta di personaggi famosi, ecco che frasi come “abbiamo giocato col fuoco” e “non c’è più posto in quell’habitat” raccolgono schiere di sostenitori pronti a scendere in piazza per sostenere le tesi dei nostri paladini.
Nessuno però vuole affrontare la questione nella sua interezza. Costa troppa fatica e come sempre è molto più facile “vietare” e “sopprimere” piuttosto che “educare” e “capire“.
Credo che su questo tema della frequentazione del territorio e del paesaggio, servano delle riflessioni clamorosamente approfondite. Questa linea che porta ad anestetizzare il paesaggio non fa bene a nessuno se non a chi incassa i biglietti di entrata…
E’ urgente recuperare la consapevolezza di qual’è il nostro posto nell’ecosistema di quello che erroneamente chiamiamo “il nostro pianeta”.
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