Erano veramente tanti anni che non mi presentavo a forcella Lavaredo.
Credo che l’ultima volta fosse il 1996, luglio. Quel giorno feci la ferrata del Paterno conclusa sotto un diluvio di proporzioni bibliche.
Quest’anno ho deciso di fare una visita per rinfrescare una vista che so di avere interiorizzato, ma che ormai ha assunto i connotati di un ricordo fumoso.
Capita infatti quando passa molto tempo che una certa visione del paesaggio che pensiamo assodata tenda a sfumarsi. Si costruiscono ricami sui ricordi. Si da per scontato anche quello che in verità non lo è più.
Così, in una splendida giornata autunnale, una di quelle giornate dove il cielo sembra dipinto con il blu cobalto, ci incamminiamo verso la forcella.
Fa piuttosto fresco e l’idea di avere un po’ di tranquillità è una lontana chimera.
Con questo sole basso che spara sulle Tre Cime tutta la sua potenza, i profili delle cime si stagliano nettissimi contro il cielo, e le pieghe della roccia sono perfettamente visibili.
L’occhio segue le fessure dalla base fino alla cima. E’ veramente uno spettacolo unico.
Come sospettavo i ricordi per quando vividi sono tutt’altra cosa che la realtà di queste verticali.
Siamo nel regno della roccia, qui si è fatta una parte della storia dell’alpinismo. C’è stato un tempo in cui anche io ho accarezzato l’idea di spingermi in verticale lungo queste pareti che sembrano non finire mai.
E’ rimasto solo un sogno, ma oggi sono qui e nonostante la profonda stanchezza dovuta al poco sonno, mi sto godendo questo paesaggio come un bambino si gode un gioco nuovo.
Aggiriamo il massiccio e finalmente lo spigolo giallo da il meglio di se. Con uno spigolo quasi tagliente sale verso l’alto spezzando in due il cielo. L’eleganza e la potenza di questo semplice pezzo di roccia sono disarmanti.


Raggiunta la forcella il panorama si apre su un qualcosa che non si può descrivere con parole. Io per lo meno non le ho.
Mi accontento di assorbire la potenza che queste montagne esprimono e cerco di fissare nella memoria quello che sto vedendo nel tentativo di rinnovare quei ricordi ormai offuscati dal tempo.
Un bel vento fresco insiste nello spazzare la forcella. Si mangia qualcosa al riparo di qualche masso mentre il grosso della gente si sta dirigendo verso il rifugio Locatelli.
Oggi non è la nostra meta, noi siamo già arrivati dove volevamo.

Le verticalità del versante nord sono assolute. Qualunque parola non renderà mai giustizia all’esperienza personale.
Scatto qualche immagine. Mi rendo conto che certi dettagli li avevo completamente dimenticati a partire da questo suolo che pare lunare.
Mi concedo il lusso di qualche scatto in analogico per future stampe fineart nel mentre che la giornata volge velocemente alla sera.
Il sole si abbassa e le ombre si allungano a disegnare figuri surreali. Quanto adoro questo momento della giornata.
Raccolgo una pietra e ricordo chiaramente la sensazione tagliente che questa dolomite porta in grembo.
Questa è la mia roccia!

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