Cosa accade quando chi è preposto a controllare e proteggere l’ambiente non svolge bene il suo lavoro?
Viviamo in una società fondata su regole. Regole senza le quali non sarebbe possibile convivere pacificamente e progredire. Regole però che facciamo di tutto per aggirare.
Vogliamo le regole per sancire e proteggere il nostro cortile, ma queste regole non devono valere quando fuori da questo perimetro.
Regole. Regole. Regole.
Ogni volta che leggo di qualche faraonica impresa invece che essere felice per il traguardo raggiunto, penso immancabilmente ai risvolti negativi che questa impresa avrà.
Quando poi si parla di rapporto con l’ambiente questo pensiero diviene granitico.
Ci avviamo verso la fine di questo 2021 con la consapevolezza che anche quest’anno tanto è andato male e non parlo della pandemia, no, parlo del rapporto tra l’essere umano e l’ambiente.
Negli ultimi mesi, complice la stagione estiva, sono emerse prepotentemente le grandi contraddizioni della nostra società.
C’è qualcosa che ovviamente genera un’incompatibilità tra noi e l’ambiente che ci circonda.
Sono i soldi? E’ il potere? E’ il benessere?
Non lo so, non è compito mio indagare questo tema, quel che so perchè leggo e frequento un certo tipo di ambiente naturale, è che ogni anno che passa la relazione tra l’essere umano e la Natura viene ulteriormente compromessa.
Qualcuno degli attori direttamente interessati finalmente si sta accorgendo che qualche errore di impostazione è stato fatto e si interroga su come cambiare un’idea di paesaggio, un’idea di fruizione, un’idea di relazione con esso.
Anche quest’anno i casi di incompatibilità tra noi e l’ambiente si sprecano.
Mi piace metterne in evidenza qualcuno perché credo sia importante mostrare come l’unico interesse che governa i pensieri e le decisioni di chi ci amministra sia un interesse economico e mai un interesse ambientale.
Partiamo dai mondiali di sci di Cortina d’Ampezzo dello scorso inverno. Leggo nel documento, scaricabile non so ancora per quanto a questo link, che stila le linee guida in merito alla sostenibilità ambientale:

Come sempre grandi proclami tipici dei grandi eventi che aiutano, nel nuovo corso green, a catturare l’attenzione e a trasmettere una narrazione in linea con le aspettative di bandi e quant’altro. Ecco, al di là di quello che è stato fatto nonostante tutto, quello che rimane invece è lì fermo, nonostante, nero su bianco, gli impegni, perché di impegni si sta parlando, indicassero chiaramente il da farsi non solo prima e durante, ma soprattutto dopo.
Proseguiamo con la simpatica vicenda relativa alla ferrata Bepi Zac. Un gran polverone si è alzato dopo che il comune di Moena è intervenuto con un gradevole intervento di alta ingegneria in un contesto, come sempre, indirizzato a salvaguardare la fruizione della montagna a chiunque.
E’ inaccettabile evidentemente che una ferrata rimanga chiusa, ne va dell’onore delle patrie montagne.
Ho provato a guardare il risultato finale dell’intervento sotto più punti di vista, ma proprio non sono riuscito a farmene una ragione. Vado a cercare quindi le dichiarazioni del sindaco di Moena e leggo:
“Alla base del progetto di manutenzione che ora si sta finendo di realizzare, c’è il lavoro di un progettista e di un geologo, entrambi tecnici. Se hanno deciso di farlo così, è perché per loro era l’unico modo per mettere in sicurezza la ferrata. O così, o si poteva decidere di non aprire più il percorso attrezzato – continua – dobbiamo fidarci del lavoro dei tecnici“.
Ma quindi si poteva anche decidere di chiudere definitivamente quel percorso, cioè non sta scritto da nessuna parte che ogni luogo debba essere sempre accessibile a chiunque. O mi sto sbagliando?

Continuo con l’annuale querelle dei Passi Dolomitici. Chiuderli sì, chiuderli no.
I pro e i contri si sbracciano ognuno dal suo lato con dichiarazioni altisonanti sui benefici di una decisione piuttosto che i disastri che porterebbe.
La discussione va avanti da tempo e a parte qualche timido esperimento nulla, ma proprio nulla è stato fatto. Il collasso ogni estate si estende un po’ di più e se da una parte è sacrosanto salvaguardare l’economia dall’altro è altresì sacrosanto salvare l’ambiente.
Senza ambiente non c’è economia.
Penso a come in questi anni la qualità delle frequentazioni montane sia drasticamente calata a favore della quantità. C’è poco da fare, ma la politica di promozione della montagna tutta volta a solleticare certi tasti piuttosto che altri, ha effettivamente avuto un grandissimo successo, ma a che prezzo?
Oggi leggo di tanti che si lamentano, ma sono gli stessi che vogliono i posti letto occupati. Allora che si fa? Cioè qui non si può pretendere di avere la botte piena a la moglie ubriaca!
Non solo, ma gli investimenti per portare la città in montagna continuano a spron battuto e qui veniamo all’ultimo spunto per oggi.
La ristrutturazione del rifugio Santner!

Scusate non si tratta di una ristrutturazione ma di un abbattimento con nuova costruzione di 3 piani, in effetti a 2700 e passa metri un condominio ha sempre il suo perché.
Ho letto le dichiarazioni del CAI e dell’Alpenverein in proposito e mi trovo totalmente in linea con quello che dicono, ovvero ma che cazzo stiamo facendo?!
Probabilmente tutto nella norma visto anche gli interventi fatti negli ultimi anni, prendiamo il fratello rifugio Sasso Nero, un gioiello estetico buttato lì a oltre 3000 metri. Perché?
Perché la città vuole questo. Fino a quando le linee guida saranno queste i risultati non cambieranno.
Ci avviamo verso l’autunno e la nuova stagione delle sci è alle porte. Dopo le metrate di neve sprecate lo scorso inverno, quest’anno nell’aria c’è odore di rivincita. Mi aspetto quindi il tutto esaurito sulle piste e non.
Evviva il progresso.
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