Per ore ho vagato in questo bosco sempre uguale ma sempre diverso.
Una schiera infinita di pali dritti piantati nel terreno si ergono fino a dove lo sguardo riesce a spingersi.
E’ il faggio.
Il re incontrastato dei boschi domina da sempre i pendii appenninici.
Ad ogni stagione mostra una faccia diversa.
In primavera, quando le gemme si schiudono, le foglie sono di un verde acceso e denso di promesse.
In estate le chiome fitte si intrecciano oscurando il sottobosco e il verde domina ovunque.
In autunno il tripudio del calore con gli arcobaleni dei gialli, aranci e dei rossi: è il foliage.
In inverno i nudi tronchi svelano un tappeto di foglie e la luce finalmente torna ad illuminare il bosco.
Il faggio è un albero fantastico. Lo trovi piccolo e contorno alle quote alte, in basso è capace di salire alto e dritto verso il cielo con una verticalità da brividi.
E’ capace di difendersi dagli agenti atmosferici assumendo incredibili forme contorte.
Il faggio è un signor albero.
Nelle mie esplorazioni ho visto tantissimi faggi.
Alcuni maestosi per chioma, altri imponenti per il fusto. Alcuni sono impressi nella mia memoria e spesso riguardo le fotografie che li ritraggono.
Uno in particolare mi preme ricordare, in verità sono due. Si tratta della grande coppia di faggi che si trovano lungo la salita al monte Ventasso.

Li ho conosciuti in una primavera di circa 6 anni fa. La neve ancora alta rendeva il cammino particolarmente faticoso. Dopo un breve tratto di salita, lasciato alle spalle il lago Calamone, si giunge in una piccola radura dove questi due esemplari di faggio dominano incontrastati.
Le grandi chiome con gli anni hanno impedito la crescita al altri alberi e il sottobosco appare pulito mentre tutto intorno una schiera di altri faggi rimane in silenziosa riverenza in attesa.
Sotto questi alberi mi sono spogliato ed ho trovato riparo e protezione.

Ricordo l’incredibile sorpresa che ebbi gettando uno sguardo verso l’alto.
Un intrico talmente fantastico da lasciarmi senza parole.
Come è possibile descrivere tanta bellezza senza cadere nella banalità?
Preferisco tacere e lasciare parlare le immagini.



E alto, in cielo, scheletri di faggi, come sospesi, e sogni di rovine e di silenziosi eremitaggi.
Giovanni Pascoli, Nella nebbia
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