Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la verità. Essi non predicano dottrine e precetti, predicano, incuranti del singolo, la legge primigenia della vita.
Così scrive Hermann Hesse ne “Il canto degli alberi“.
Io di verità ne conosco veramente poche, ma posso dire che ascolto gli alberi e cerco di parlarci.
Passo ore a contemplarli, dal cortile di casa al bosco più fitto.
Ma perché gli alberi sono santuari?
Per definizione, e riassumendo al massimo il concetto, un santuario è un luogo sacro normalmente meta di pellegrinaggio.
Quale miglior definizione per un bosco?
Se ogni albero è un santuario
allora il bosco stesso è un santuario.
Mettersi quindi in cammino per andare nel bosco è un’azione che possiamo fin da subito catalogare come pellegrinaggio.
Ognuno intraprende questo cammino come più più predilige. Io normalmente calzo degli scarponi e sulla schiena carico il mio zaino.
Questi due oggetti sono per me gli ingredienti base del cammino.
I miei pellegrinaggi spesso non hanno mete precise perché se gli alberi sono santuari allora qualunque albero lo è e quindi non è più necessario percorrere chilometri e chilometri per raggiungerli, a volte basta scendere nel cortile di casa.
Dico questo perché la cosa veramente importante quando si visita un albero, non è l’albero stesso, ma la condizione con cui ci avviciniamo a lui.
Come per ogni santuario, anche visitare gli alberi richiede rispetto che per certi versi passa prima di tutto attraverso il silenzio e l’osservazione.
Silenzio per concentrarsi.
Silenzio per non distrarsi.
Silenzio per ascoltare.

Osservare per stupirsi.
Osservare per imparare.
Osservare per capire.

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