Ho imparato che la sottile differenza che passa tra guardare ed osservare determina il grado di relazione che riesco ad instaurare con l’ambiente che mi circonda.
Per anni ho solcato ogni tipo di sentiero come una nave rompighiaccio fende il pack. Semplicemente ignorando quello che mi passava accanto.
Non riesco nemmeno ad immaginare quanto mi sono perso di quello che ho “visto“.
Ho con fatica imparato a lasciarmi permeare dall’attorno e facendo questo a rallentare e quindi a contemplare come esercizio propedeutico alla mia fotografia.
Penso che la relazione tra rallentare, osservare e quindi contemplare sia uno dei modi per raggiungere quel concetto così chiaramente espresso da Cartier-Bresson con il suo “porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore“.
Bresson è da sempre uno dei miei fotografi preferiti ma ho spesso trovato enormi difficoltà ad entrare in sintonia con il suo guardare.
Vuoi per i soggetti, vuoi per il periodo storico, vuoi perchè semplicemente siamo diversi.
Questa citazione, che spessissimo viene proposta in workshop, discussioni, commenti e quant’altro, mi ha più volte fatto mettere in discussione la mia capacità di rendermi consapevole di fronte ad un paesaggio, come se non fossi in grado di entrare in empatia con il mio soggetto e mi limitassi al classico “wow bellissimo” e click.
Oggi, dopo tanti anni di cammino, mi ritrovo con in mano una consapevolezza che mi permette di pormi, rispetto al mio soggetto, non più di petto ma in obliquo, non più arrogante ma umile, non più ingombrante ma discreto.
Ma tutto questo cosa significa? Posso trarre qualcosa di concreto da mettere in atto?
Posso dire che con il lento adagio del “non si può avere tutto e subito“, ho imparato prima di tutto a rallentare. Non solo con il corpo ma anche con la mente.
Rallentare mi ha permesso di compiere 3 passi:
1- prestare più attenzione: rallentare ha significato innanzitutto rallentare il ritmo con cui mi approccio alla vita. Non si tratta solo di camminare più piano o di fare le cose con più calma, ma di sviluppare una maggiore consapevolezza del presente. Per fare ciò l’esperienza che più si è rivelata proficua è stata la pratica della mindfulness.
Con le dovute delusioni, nel complesso la meditazione del respiro ha contribuito a farmi guadagnare un certo grado di consapevolezza sul chi sono e sui mezzi che ho a disposizione.
2- pensare con più calma: rallentare mi ha permesso di rallentare anche i miei pensieri. Quando non sono in preda alla frenesia, posso finalmente prendermi il tempo per riflettere con calma o semplicemente decidere con consapevolezza di dedicare un certo quantitativo di tempo ad un’attività piuttosto che un’altra.
3- riconoscere i miei bisogni: rallentare mi ha permesso di ascoltare un po’ di più il mio corpo e le mie emozioni. Quando sono in uno stato di calma, posso finalmente riconoscere i miei bisogni ed imparare a soddisfarli.
Ma anche imparare l’arte della rinuncia, cosa decisamente poco semplice.
I tre passi del rallentare sono un processo graduale che richiede tempo e pazienza. Non c’è bisogno di fretta, l’importante è iniziare a muoversi nella giusta direzione. Pare banale ma rallentando, possiamo migliorare la nostra qualità della vita e vivere con maggiore consapevolezza e pienezza.
Il rallentare mi ha portato a cambiare la prospettiva:
dal guardare all’osservare.
Osservare mi ha permesso di mettere a fuoco meglio non solo il soggetto della mia fotografia, ma anche le mie esigenze in qualità di persona.
La consapevolezza di cosa e di come mi permette di esprimere meglio il mio sentire.
Riassunto in un’unica azione, è la contemplazione.
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[…] esperienze mi hanno infatti mostrato come la Sehnsucht, la contemplazione e la natura siano profondamente interconnesse. Questi tre elementi formano un ciclo dinamico in cui […]