Perchè anche la realtà più enorme e caotica può essere ridotta ai minimi termini.
Prendi una città come New York, da qualunque parte tu la guardi ti incute timore. Dal basso i suoi palazzi ti schiacciano, dall’alto la sua vastità ti disorienta, ma come ogni città poi ci sono i quartieri. Ogni quartiere ha poi degli isolati. Ogni isolato ha delle vie.
Penso che il minimo comune denominatore delle megalopoli moderne sia la via. Una, due, tre, quattro corsie, poco importa. Nella scala cittadina, al di sotto della via non c’è nulla. Muoversi attraverso questi elementi basici di comunicazione, per quanto piccoli, non è però così semplice, è comunque un’avventura. Diventa utile, se non indispensabile, sapersi perdere in città come in natura, bisogna abbandonare i soliti percorsi, le solite mete.
Riguardando le fotografie dell’anno passato a New York, mi è balzata agli occhi questa immagine scattata a Dumbo in una giornata veramente caldissima. Volevamo percorrere il Brooklyn Bridge al tramonto, ma, prima di imbarcarci nell’attraversata, ci siamo concessi un lento girovagare per le vie del quartiere per finire sulla spiaggia a goderci un po’ la brezza del mare. Un gruppo di bambini era intento a lanciare sassi nell’acqua e così mi sono messo a sedere nella ghiaia guardandoli nella loro beata spensieratezza. Pareva di essere in un altro luogo, il caos della città qui era relegato al di là del ponte, il poco affollamento dava quella sensazione di potersi stiracchiare allungando le braccia senza toccare nessuno. Una consapevolezza non indifferente. Un limbo lussuoso nel quale godersi un istante in contemplazione dell’opera dell’uomo.
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Pebble Beach, Brooklyn Bridge Park – NYC.
2016 © Ma.Ni. Adventure photography
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