Il bosco della barba è una foresta che si distende lungo le pendici del monte Nuda e la costa di Terzino nell’alto Appennino Modenese.
Come tutti i boschi, alla fine della stagione invernale anche il bosco della barba ha un’aria sinistra e misteriosa. In un silenzio surreale, rotto solo ogni tanto da uno degli innumerevoli torrenti o da qualche uccellino a guardia del suo personale cortile, risalgo il pendio che prima con decisione, poi più dolcemente, mi porta ad addentrarmi nel regno del faggio.
I torrenti che scendono dal crinale, dove svetta il Monte Giovo ancora innevato, sono allegramente impetuosi. In alto la neve è ancora tanta ed i segni dell’inverno appena finito sono veramente evidenti nel bosco.
Gli schianti sono numerosi e il volume di rami a terra a tratti rende il cammino piuttosto impegnativo. E’ come se migliaia di mani cercassero di aggrapparsi alle mie caviglie impedendomi il movimento.
Dopo un primo tratto di salita un po’ ostico, finalmente mi inoltro nel bosco. I faggi svettano diritti verso il cielo. Solo alcuni hanno già buttato un po’ di foglie di un verde che fa male agli occhi.
Il verde di maggio non ha nulla a che vedere con quello che verrà dopo. Si tratta di un verde acido, acceso, brillante.

Un timido sole primaverile cerca di bucare le nubi. Capita che all’improvviso le ombre lunghe dei tronchi si facciano la loro comparsa sul fogliame caduto, ma così come sono arrivate, in fretta scompaiono. Il tempo è incerto anche se la temperatura in questa zona è piuttosto gradevole.
Oggi è uno di quei giorni nei quali si ha la netta percezione di essere dei privilegiati.
Mi aggiro curioso tra gli alberi mentre lentamente risalgo il lungo pendio in direzione Passo Boccaia.
Finalmente raggiungo la Costa della Nuda e alzatomi di quota di fronte a me compare il crinale in tutta la sua maestosità.

Le cime sono ancora tutte innevate e contrastano in maniera potente con il cielo blu di maggio. Da sinistra il Monte Giovo, poi Cima dell’Omo l Cime di Romecchio. Uno spettacolo imponente.
Si continua a salire e complice l’esposizione del versante verso ovest fa comparsa la neve, tanta neve. Del resto l’inverno che è appena terminato è stato piuttosto ricco di nevicate con apporti veramente notevoli.
Mi fermo per qualche scatto e ripenso alla stessa data dell’anno scorso, a lockdown appena terminato, qui la primavera era già arrivata con alberi già pieni di foglie e prati fioriti. Oggi la stagione è ancora ben lontana dall’essere partita.
Mi chiedo incuriosito come mai del toponimo “bosco della barba“. Ricerco in rete ma nessun risultato è degno di nota (se qualcuno ha informazioni a riguardo può commentare liberamente il post o scrivermi una mail).
Rimango con la curiosità mentre mi avvicino al passo Boccaia. Ahimè senza ciaspole il tratto finale risulta troppo pericoloso, manca veramente poco, ma decido di tornare indietro.
Come spesso accade, sul via del ritorno mi imbatto in situazioni che salendo non avevo visto. Cambiare prospettiva è indispensabile. Mi fermo quindi alla base di questo faggio maestoso cercando di carpirne i segreti.

In un andirivieni di nuvole e sole, scatto qualche immagine a cui sono ormai particolarmente legato.
In questa stagione, senza particolari condizioni atmosferiche, il bosco appare un monotono susseguirsi di tronchi e rami spogli. Il sole è già piuttosto alto e questo toglie ogni possibilità di avere ombre interessanti. Non rimare che volgere lo sguardo in alto, alle chiome.
Anche il bosco della barba non manca di stupirmi con alcune ramificazioni veramente emozionanti.

Il bello di concedersi del tempo si manifesta nella possibilità di muoversi con lentezza e di lasciar scorrere lo sguardo attraverso l’ambiente nel quale si è immersi.
Questo approccio porta inevitabilmente ad allenare lo sguardo e a trovare spunti di approfondimento. Ed è così che il fragore del Rio Fontanacce mi porta ad avventurarmi lungo le sue rive e a scoprire alcune cascate di cui non conoscevo l’esistenza.

La potenza dell’acqua è notevole e trascorro parecchio tempo nel cercare la giusta inquadratura della cascata nonostante lo spazio utile per muoversi sia veramente esiguo.
Rinfrancato da questa visione proseguo per il Pozzo del Pisano, una sorta di piscina naturale che durante i mesi più caldi non manca di dare refrigerio a chi si avventura nelle sue acque.

La lunga esposizione ed una luce del tutto particolare, rendono la cascata ed il Pozzo del Pisano particolarmente intriganti.


Si conclude così, con il sentiero che degrada fino a diventare una comoda forestale, l’esplorazione del Bosco della Barba. Una foresta decisamente affascinante che non mancherà di stuzzicare gli sguardi curiosi di chi è capace di “guardare” oltre.
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