Le ultime 8 ore le abbiamo passate sotto un autentico diluvio universale. Siamo piombati dai 38 gradi della pianura emiliano ai 17 della Valle Aurina: un pugno in pancia se non fosse per quella sensazione di sollievo che testa e polmoni mostrano di apprezzare calorosamente. La nostra forma fisica non è delle migliori e la giornata nemmeno, doveva essere un sabato ampiamente soleggiato invece è da quando ci siamo affacciati al balcone che il cielo è coperto e del sole nemmeno uno spicchio.
Inutile incupirsi o crucciarsi troppo, dopo una lauta colazione ci dirigiamo a Casere, terzo comune più “alto” d’Italia e ultimo baluardo della Valle Aurina proprio sotto i contrafforti delle Alpi Taurine. Lasciamo la macchina in posteggio proprio al termine della strada e lo sguardo fugge subito verso nord e verso quella muraglia di roccia che ci separa con l’Austria, una visione rappacificante.

Monte Rauchkofel (3251 metri)
Il cielo si mantiene grigio anche se meno compatto rispetto ad un paio di ore fa, ma tant’è che bisogna andare. Imbocchiamo con baldanza il sentiero 11 in direzione Bruggeralm, una malga posta a 1940 metri di altitudine; il sentiero si immerge fin da subito in un fitto bosco di abeti con un sottobosco lussureggiante. Complice la pioggia della notte sembra di essere in una foresta tropicale, umidità al 90% e sudore che esce da ogni poro. La prima parte del percorso si sviluppa seguendo il percorso del torrente Rötbach, oggi al meglio delle condizioni, che si presenta a noi con il fragore delle sue cascate. Come sempre la magia dell’acqua regala meraviglie e serenità. Basta veramente poco per rimanere affascinati da elementi così comuni.

Torrente Rötbach.
Fin da subito si incontrano le testimonianze ottimamente conservate delle antiche miniere di rame che qui sono rimaste aperte fino agli anni ’70 del novecento. Una serie di cunicoli e galleria, alcune ancora percorribili, un museo a cielo aperto che in questo ambiente aspro amplifica il suo fascino.
Nel giro di poco più di un ora ci lasciamo il bosco alle spalle e con un lungo traverso tagliamo il costone che ci porta sotto il salto finale prima della grande torbiera d’alta quota dove, a 2116 metri, sorge Rötalm, una malga d’alta quota che come un baluardo se ne sta ritta a guardia di un enorme pianoro solcato del torrente Rötbach alimentato a sua volta dai ghiacciai di confine Rötkess. Là in fondo al pianoro svetta con i suoi 3496 metri il Rötspitze, un imponente piramide che oggi ahimè avvolta dalle nubi che insistono lungo la cresta di confine.
Giunti alla malga scopriamo con nostra grandissima gioia che si può mangiare qualcosa di caldo, inutile tirarsi indietro, in questi casi è d’obbligo almeno concedersi qualche sfizio ed è così che su di un tavolaccio logoro ci vengono servite direttamente in padella uova e speck, innaffiate da due boccali di radler e per finire l’immancabile kaiserschmarren, uno dei nostri dolci preferiti.
A parte noi oggi non abbiamo ancora incontrato nessuno e tra una battuta e l’altra si fa una cerca “confidenza” con i malgari. Una splendida famiglia, 3 generazioni, che per 3-4 mesi l’anno vive e lavora una vita veramente dura in questa malga. Le vacche al pascolo durante il giorno, la mungitura quotidiana, il burro ed il formaggio ogni santo giorno. Il resto è un infinito che si infrange sui contrafforti di questa cresta di confine che sta là in fondo, ritta ed austera come solo questa gente sa essere. Forgiata dalla durezza dell’ambiente ha trovato la propria via, a volte con fatica, per sopravvivere in questo mondo antropizzato.

Rötspitze (3496 mt) e Kemetspitze (3004 mt.).
Scatto qualche foto di famiglia, compriamo mezza forma di formaggio grigio e un barile di burro, che clamorosamente arriveranno ai 38 gradi di Modena sani e salvi la sera dopo.

I nostri acquisti di giornata: formaggio grigio e burro.
Come sempre quando le cose si fanno interessanti il tempo passa alla velocità della luce e l’ora di cominciare la discesa incalza. Il percorso continua per chiudersi ad anello sull’altro versante rispetto alla salita. Scendiamo all’interno di canyon ricavati deviando il corso del torrente già in epoche remote, canyon nei quali l’uomo ha scavato prima con utensili rudimentali, poi con la dinamite, il cuore della montagna per estrapolare quel minerale, il rame, che ha rappresentato probabilmente per tanto tempo una delle poche forme di sostentamento della valle.
Il silenzio ci accompagna lungo il bosco, ognuno racchiuso nei propri pensieri a rimuginare ancora una volta su quanto vissuto, sui sogni e sui desideri.
Per le prossime settimane, ad ogni colazione con pane, burro e marmellata, ricorderemo la malga e quel pianoro silenzioso nel quale forse avremmo potuto piantare i nostri piedi ancora solo per qualche tempo.
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