Dopo 14 anni ho pensato che si potesse ripetere una delle 12 fatiche di Ercole senza soffrire più di tanto. Sono mesi che mi preparo. Bicicletta, corsa, dieta. Insomma, quest’anno sono veramente in forma. Quando Andrea mi ha proposto/chiesto di portarlo sulla cima del Picco di Vallandro (Dürrenstein 2839 mt.) mi son detto: “Perché no, sono passati veramente tanti anni dall’ultima volta, si può fare dai!”.
Sono sempre stato restio a tornare in determinati luoghi, sopratutto se i ricordi evocano momenti particolarmente faticosi. E’ una regola non scritta che dopo ogni fatica immane mi ripeto cercando di fissarla nella mente per non commettere nuovamente lo stesso errore.
Saltato l’appuntamento estivo di luglio per via dei pochi alloggi e sopratutto dell’afflusso turistico modello spiaggia di Riccione il 15 agosto, abbiamo riprogrammato l’escursione per sabato 29 settembre. Un intermezzo piuttosto piacevole in vista della campagna autunnale vera e propria di fine ottobre.
Dopo una piacevolissima serata in maso, alle 9 di sabato attacchiamo la salita. Temperatura frizzante ed un leggero vento da nord non impediscono di stare tranquillamente in mezza maniche. Saliamo bene. Come mi aspettavo poca gente in giro, molto silenzio, molta pace.
I ricordi però si ripresentano molto velocemente riportando a galla la fatica disumana di questa salita. Decido di concedermi diverse soste “fotografiche” per recuperare fiato, ma in verità il fiato non mi manca, sono le gambe che oggi proprio non ne vogliono sapere di spingere. Raggiungo agilmente la quota intorno ai 2400 e qui cominciano i problemi. E’ un po’ la mia quota limite di uomo che vive in pianura, insomma ieri ero a 84 metri oggi a 2400, questo vecchio corpo cerca di fare del suo meglio, ma il balzo si sente eccome.
Lascio andare Andrea con il suo passo e comincio il mio personalissimo calvario lungo lo strappo finale che dai 2400 porta ai 2700 appena sotto la cima. Uno zig zag pestifero che si conclude con un dritto di pendenza assurda che non lascia respirare. Non nascondo che come non mi succedeva da tantissimo tempo, ho pensato di non farcela e di mollare il colpo. Un passa avanti all’altro con la testa bassa e il sudore ad innaffiare la roccia sotto di me. Per un attimo mi pareva di essere tornato a luglio per il caldo…
Finalmente il tratto di salita più duro termina con una serie di comodo cenge dalle quali lo sguardo spazia verso est sulle Dolomiti di Sesto. Il panorama è assoluto! Un sospiro di sollievo e in una mezz’ora finalmente sono in vetta!
Oggi a mente fredda ripenso a quello che è stato ed alle sensazioni provate. Ripenso al post che scrissi qualche settimana fa sul valore della fatica. Penso che mai come questa volta negli ultimi anni si è trattato di una prova di forza prima di tutto contro me stesso. Ascoltare la sofferenza del proprio corpo, lottare con il disfattismo della propria mente; mettersi in definitiva alla prova e cercare di non perdere. Questa volta credo di aver fatto patta.
Probabilmente non tornerò mai più su questa cima.
Perché settembre è ancora estate, ma è già un po’ autunno. L’inverno è alle porte ma la luce è ancora forte, il sole scalda ancora e il sudore bagna la terra. Viviamo in continua sofferenza, ma abbiamo smesso di ascoltare il nostro corpo, abbiamo smesso di assecondare la nostra mente.
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[…] di quello che, solo dopo molti anni, riconobbi come il mio vero imprinting a queste montagne: il Picco di Vallandro. Da quell’anno non ho più smesso di tornare in questi luoghi, di esplorare, di cercare di […]