Qualche giorno fa mi sono cimentato nella post produzione di un immagine prodotta da Cesare Martinato, caro amico e punto di riferimento per la fotografia di montagna e non solo.
Cesare ha prodotto nell’ultimo periodo alcune fotografie veramente notevoli ed una in particolare aveva catturato la mia attenzione tanto da proporgli una mia interpretazione.
Detto fatto mi ritrovo un raw da scaricare nella casella di posta. Una roba mastodontica prodotta dalla sua Hasselblad.
Mi accingo ad aprire il file non senza emozione.
I minuti passano ed il mio sguardo rimane fisso sul monitor in cerca di quell’ispirazione che normalmente accompagna la mia post produzione.
Non sento nulla.
Da quel “sento nulla” ho realizzato che non avendo scattato io quella fotografia, e sopratutto non essendo stato presente al momento della ripresa, adesso mi ritrovo senza nulla da dire. Sono senza parole.
In definitiva mi manca la fotografia.
Questa presa di coscienza mi porta a rafforzare l’approccio che negli ultimi anni mi ha visto verso una progressiva personalizzazione ed interpretazione delle fotografie che scatto.
L’allenamento a guardare in ogni sua forma, quindi non solo quella scontata legata alla vista, ma un guardare che parte dall’io interiore per giungere di fronte al soggetto con un atteggiamento di ricezione, mi ha permesso di esprimere il mio sentire.
L’aspetto quindi della previsualizzazione non è solo l’atto di immaginare e vedere una fotografia già al suo stato finale, è molto di più.
Si tratta di una proiezione del proprio immaginario, delle proprie idee, delle proprie aspettative verso la scena che si ha di fronte.
La previsualizzazione parte da qui, dall’immaginazione e passando per la composizione arriva alla post produzione.
Ma per avere una previsualizzazione bisogna avere qualcosa da dire.
Questo assunto è imprescindibile se non si vuole banalmente cadere nel mainstream del momento.
Quindi, facendo a mio modestissimo parere un passo in più rispetto ai tecnicismi ed alla filosofia di Ansel Adams, penso che gli aspetti umani dell’esperienza siano le fondamenta di ogni fotografia. Senza questi ci limitiamo a riprodurre il panorama che ci si para di fronte senza aggiungere nessun contributo derivante dalla nostra esperienza, dalle nostre aspettative, dal nostro sentire.
Questa banalissima esperienza mi lascia con la consapevolezza di essere sulla strada giusta prima di tutto per me stesso. Ogni immagine realizzata negli ultimi 3 anni aggiunge un tassello al racconto della mia relazione con la natura attraverso la fotografia e questo, scusate se è poco, mi rende fiero e soddisfatto del lavoro svolto.
In ultimo riporto le due immagini dalle quali sono scaturite queste riflessioni.

© Cesare Martinato

© Cesare Martinato
Leave a reply