Qualche anno fa, in compagnia di Alberto Bregani, Stefano Zardini ed altri fotografi, si era in Brenta per la Masterclass di bianco e nero e durante una delle uscite attraversammo un bellissimo prato colmo di fiori di ogni tipo.
Ricordo come Stefano colse un fiore raccontandoci poi una storia proprio su quel tipo di fiore.
Ricordo anche come a quel gesto di cogliere un fiore di montagna, noi “gente di pianura”, inorridimmo e l’unica risposta che riuscimmo a dare fu un laconico “ma come, i fiori in montagna non si raccolgono!“.
La settimana scorsa ho ascoltato un’intervento di Vincenzo Agostini a Radio Belluno durante il quale ho sentito ribadire questo concetto per me alieno: in montagna i fiori si raccolgono eccome.
Mi sono allora interrogato sull’approccio di una pratica consolidata che va nella direzione di massima tutela di un luogo a partire proprio dal vietare di raccogliere anche un semplice fiore.
Ho ascoltato attentamente le parole di Vincenzo e ho colto il sentire che sta dietro la sua affermazione. In una cultura di conoscenza e relazione con l’ambiente montano servono anche questi gesti che però non devono essere fini a se stessi ma alimentare, secondo il proprio sentire e le proprie necessità, quella relazione anche una volta rientrati nelle proprie case.
Ho pensato poi a quanto vorrei da tempo fare un erbolario, più per fini romantici e di memoria che per studi o approfondimenti scientifici, ma mi sono sempre guardato dal compiere quel gesto di “cogliere un fiore di montagna”.
Ho lasciato allora andare i pensieri e ho realizzato come la cultura predominante di oggi basata sulle mille sovrastrutture e le mille regole (non cogliere i fiori, non uscire dai sentieri, non, non, non) tutte volte solo a proibire e mai ad istruire o invitare, faccia parte di un background orizzontale di questa società che ci vuole solo consumatori e mai attori consapevoli.
Il consumatore va educato e guidato con regole,
il resto è indisciplina per antonomasia.
Ma come si esce da questa impasse?
A mio parere è particolarmente difficile perché si presuppone che si verifichino, come minimo, due eventi concomitanti. Il primo prevede che chi frequenta l’ambiente usi il buon senso. Il secondo, che la società educhi la persone alla responsabilità.
Con il pessimismo che normalmente mi connota, non posso fare a meno di riflettere su come il rapporto con l’ambiente si sia progressivamente impoverito nel corso degli ultimi due decenni. Un impoverimento che ha subito un’accelerazione incredibile grazie all’apporto dei social.
Il futuro è tutt’altro che roseo e le tinte fosche che aleggiano all’orizzonte diverranno la triste realtà di un domani che sta dietro l’angolo.
Comment
[…] pensiero di Vincenzo Agostini sul rapporto uomo e natura ha catturato la mia attenzione. Scrive […]