Quando, qualche mese fa, sono venuto a conoscenza della mostra “La fragile meraviglia“, ho deciso che dovevo assolutamente vederla.
Da tempo seguo ed apprezzo il lavoro di Paolo Pellegrin, e la curiosità di vederlo impegnato su di un tema a lui nuovo come la fotografia di natura/paesaggio mi incuriosiva parecchio.
L’impressione generale è quella di aver visto un progetto fantastico, del resto i mezzi a disposizione hanno permesso di spaziare in un varie location in giro per il mondo utilizzando risorse non alla portata di tutti, esposto con stampe di dimensioni adeguate e di ottima qualità.
Ma se volendo riassumere la mia esperienza, credo di poter condensare in 3 parole questa mostra: essenziale, concreta, fresca.
Essenziale
Non c’è niente di più di quello che serve!
Soprattuto, tolta la presenza del fotografo, noi non ci siamo.
Questa scelta mi ha fatto amare fin da subito questo progetto perchè è una scelta che da anni ho fatto mia nella fotografia di paesaggio.
No human at all!
Concreta
C’è poco spazio all’effetto wow tipico del nostro momento.
Anche in location particolarmente adatte a realizzare fotografie wow, Pellegrin rimane focalizzato sull’obiettivo del suo progetto senza cedere a divagazioni che magari esteticamente avrebbero avuto il loro perchè, ma che in fin dei conti avrebbero distratto l’osservatore dal vero obiettivo delle sue fotografie.
Fresca
Diverso luoghi ripresi sono da anni inseriti di prepotenza nel mainstream fotografico. Questo significa che come ho più volte sottolineato, quei luoghi assumono la loro identità solo nella misura in cui vengono fotografati secondo quei “canoni” ormai imposti da un social algorith.
Pellegrin, a mio modestissimo parere, ha mantenuto l’umità e la curiosità di un osservatore alle prime armi verso un ambiente che non è il suo soggetto abituale.
Ne emergono fotografie “sue”, quello che si guarda è effettivamente lo sguardo e la volontà di un fotografo di rappresentare quella porzione di paesaggio con quella inquadratura, quella focale, quel diaframma.
Gallerie d’Italia ha poi organizzato nel corso di questi mesi un ciclo di incontri sul tema della sostenibilità ambientale e sociale proprio partendo dalla mostra di Paolo Pellegrin “La fragile meraviglia. Un viaggio nella natura che cambia”.
Nell’incontro del 18 maggio scorso, Pellegrin rispondendo ad una delle domande di Calabresi, cerca di raccontare le diversità tra la sua usuale fotografia di reportage in giro per il mondo e quella di paesaggio con la quale si è dovuto confrontare per questo progetto affermando:
“Il paesaggio non ti restituisce lo sguardo”.
Su questa affermazione mi sento di dissentire almeno in parte.
E’ chiaro che nel paesaggio non c’è nessuno che ti fissa. Nessun occhio che guarda quello che stai facendo.
Dal mio punto di vista però Paolo si sbaglia per un motivo molto semplice: quando frequenti l’ambiente, se veramente entri in contatto con quello che ti circonda, allora il tuo sguardo sarà sempre corrisposto da uno interiore. Sarà il tuo io a rispondere a quello che i tuoi occhi, e più in generale il tuo corpo, stanno vivendo.
C’è poco da fare, però se il tuo sguardo è quello di un “bambino” che di fronte alla magnificenza della Natura rimane semplicemente a bocca aperta, allora per quanto pura ed umile sia quell’emozione, essa rimane semplicemente a galleggiare sulla superficie.
Prima di penetrare in profondità, prima di scavare nel tuo io ancestrale, servono anni di pratica e di frequentazione.
Tutto questo emerge a mio parere molto chiaramente dalle fotografie esposte.
Sono fotografie emotive, sono fotografie sottili, sono fotografie della meraviglia.
A chiusura di queste mie considerazione mi preme condividere anche un ulteriore evento inserito nel ciclo organizzato da Gallerie d’Italia avvenuto il 7 giugno scorso che ha visto come protagonista Stefano Mancuso.
Mancuso non ha bisogno di presentazioni.
Per quanto mi riguarda è stata la prima volta che ho ascoltato un suo intervento e devo dire che alcuni argomenti, alcuni numeri, alcune idee sono assolutamente condivisibili, almeno per me.
Ma Mancuso è un’ottimista e dato che io invece sono perennemente pessimista, mi sento di condividere questo video nel quale invece il messaggio finale che passa è di ottimismo.
Sarebbe interessante avere un parere in merito di chi ci “amministra“, per capire una volta per tutte se effettivamente c’è l’intenzione di andare in una certa direzione o se invece si sta parlando sempre e solo per slogan (elettorali e non).
Temo che come sempre sia la seconda che ho detto.
Comment
[…] Spesso infatti ci si avvicina ad un nuovo soggetto senza i preconcetti e con la curiosità dettata dalla novità (stessa cosa vista l’anno scorso con la mostra di Paolo Pellegrin). […]