La cena è terminata da un po’, oltre il breve spazio che separa il finestrone del cabin dal bosco la luce non riesce a spingersi.
La stufa emana un piacevole calore e nell’aria aleggia ancora l’odore del bacon.
Dalla panca trasandata guardo fuori, si intravedono le stelle, forse finalmente avremo una serata limpida.
Con un misto di reticenza ed entusiasmo ci vestiamo per uscire. Indosso tutto quello che ho.
Memore delle temperature diurne non oso immaginare come sia adesso lì fuori.
Calzamaglia, maglione di lana, pantaloni da sci, giacca a vento, berretto e guanti. Sembro un omino Michelin!
Calzo gli scarponi e vi avvio fuori, nell’anticamera che separa l’ambiente riscaldato da quello esterno.
Sono proprio sicuro?
Apro la porta del cabin e mi incammino lungo il sentiero che abbiamo battuto questa mattina. La neve ghiacciata scricchiola sotto il mio penso e gli scarponi la mangiano con sicurezza.
Scendiamo costeggiando il bosco verso il lago ghiacciato. Abbiamo preparato un fuoco con tronchi di betulla cadute sotto il peso della neve.
Finalmente raggiungiamo il braciere che abbiamo costruito. Qualche pietra per contenere il fuoco, un paio di tronchi su cui sedere e le fascine per accendere il fuoco.
Armeggiamo un po’ e con facilità appicchiamo il fuoco ad un misto di cortecce sottili e piccoli legnetti. Senza vento è tutto molto semplice, mi chiedo però come sarebbe senza accendino durante una bufera anche solo di vento.
Faccio fatica ad immaginarmi la situazione.
Il fuoco dopo un primo momento nel quale sembrava titubante ora sta cominciando a rinvigorirsi.
Falistre e scintille salgono baldanzose verso il cielo nero. Ora la fiamma è sicura e qualcuno la alimenta con qualche pezzo di legno più sostanzioso.
Siamo seduti intorno a questo elemento così estraneo a tutto il resto. Le facce sono arancioni per il fuoco. Le fiamme rassicuranti ci scaldano i visi. Le schiene sono ghiacciate.
Ognuno è assorto nei propri pensieri. Ad ognuno di noi il fuoco sta raccontando una storia diversa.
Io mi concentro sul crepitio delle fiamme. Pare di essere stati catapultati cento anni indietro.
Qui al mio fianco la slitta. Poco più in là la muta di cani che sonnecchia. Un pentolino sul fuoco a scaldare una cena povera ed insapore.
L’unico vero compagno è il freddo. Non molla mai. Mai smette di insidiare le mie carni. Ogni volta che si deve fare qualcosa è necessario pensare a cosa si sta per fare e se è proprio necessario, perché ogni movimento costa energie indispensabili alla sopravvivenza.
Mentre lascio vagare i pensieri indietro in un tempo che non ho vissuto, qualcuno ha messo sul fuoco dei marshmallow. Non ne vado particolarmente ghiotto e mi alzo per fare due passi.
Proseguo verso il basso in direzione del lago. Giunto su quella che dovrebbe essere la riva saggio con i piedi la consistenza del ghiaccio.
Pare effettivamente che regga il mio peso ma l’intero lago ghiacciato è ricoperto da uno strato di qualche centimetro di neve farinosa.
Striscio gli scarponi avanzando cautamente. Faccio qualche metro in direzione del centro.
Fermo così in mezzo al nulla alzo lo sguardo e ammiro uno dei cieli più belli di tutta la mia vita.
Impossibile cogliere dei dettagli in questo ammasso confuso di stelle.
I soliti pensieri del caso si mostrano nella mia mente. Le solite frasi fatte su quanto siamo piccoli ed insignificanti.
Pare proprio vero confrontato a questo cielo.
Chi può essere in grado di dipanare la matassa che collega questi puntini luminosi?
Non certo io. Ritorno con i piedi ed i pensieri per terra.
Monto il cavalletto per qualche scatto notturno. Operazione quanto mai complicata visto il freddo.
Nel mentre che armeggio con le impostazioni della macchina fotografica arriva un brivido.
Il mio corpo ha colto qualcosa. In particolare l’udito.
Subito non ho collegato il suono sentito con qualcosa di concreto e conosciusto.
E’ un suono che sicuramente ho già sentito, non dal vivo ma in televisione o in qualche video.
Eccolo di nuovo.
Capisco di stare ascoltando per la prima volta un branco di lupi ululare.
Il brivido si fa più forte. E’ un’emozione che non avevo messo in conto di provare. Sono felice.
Ma subito la paura si insinua. Quanto saranno distanti? Non ho le capacità per fare questa valutazione. Lascio però che il corpo rimanga vigile in attesa di terminare gli scatti.
C’è veramente troppo freddo per restarsene in mezzo a questo lago ghiacciato. Guardo il fuoco in lontananza e il richiamo di quel calore è più forte della volontà di starmene qui a fare delle fotografie.
Smonto l’armamentario e lentamente mi dirigo verso la riva.
A tratti l’ululato giunge chiaro e distinto alle mie orecchie. Ora anche gli altri l’hanno sentito e qualcuno, in un gesto di scherno, lancia degli improbabili ululati assomiglianti più a suoni gutturali, verso il cielo.
Chissà cosa sta pensando quel branco di questi rumori?
Io penso solo al fuoco che sta esalando i suoi ultimi vagiti e al tepore che mi aspetta nel cabin.
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