Mi sto lentamente avvicinando alla fotografia in grande formato e per farlo ho deciso qualche mese di partecipare il prossimo maggio ad un workshop tenuto da Giulio Speranza e Urs Bernhard in Valle Antrona.
Dato che non ho la più vaga idea di come funzioni un banco ottico, mi sono fatto prestare da un amico una fotocamera Stenopeika 4×5 in modo da prendere confidenza sia con gli aspetti prettamente pratici ad esempio messa sul campo, caricamento pellicole, ecc., che invece quegli aspetti più legati alla composizione, esposizione ecc..
Lo scorso weekend quindi mi sono recato in Dolomiti per fare una prima prova sul campo e capire innanzitutto le difficoltà che pone la fotografia in grande formato in termini di materiale da trasportare, tempi di dispiegamento, ecc. ecc. ecc..
Come sospettavo il primo punto che emerge in maniera forte è rappresentato dai tempi di scatto.
Quando parlo di tempi non mi riferisco ovviamente alla velocità dell’otturatore, ma molto più banalmente al tempo necessario per mettere in opera l’attrezzatura ed effettuare lo scatto.
Diciamo che prendendosela con molta calma per poter riflettere e porre la giusta attenzione alle operazioni da compiere, questo tempo al momento oscilla tra i 20 ed i 30 minuti.

Un tempo quindi che impone innanzitutto delle scelte sulla logistica e la geografia della fotografia.
Mi pare evidente che per il momento questa fase di esplorazione della fotografia in grande formato richiede un’alta dose di organizzazione e preparazione a tavolino in particolare sul cosa, dove e quando fotografare.
Da cui l’evidenza che per il momento non si può improvvisare un’uscita fotografica.
Un altro aspetto scontato è che si parte da casa con un “numero finito” di scatti.
Pare anacronistico nel 2022 ma è la cruda realtà di questo tipo di fotografia.
Ovviamente esiste la possibilità di ricaricare gli chassis sul campo, non ho però ancora approfondito la cosa quindi diciamo che per il momento si parte con 4 scatti.
Così come da tempo ho cominciato a fare per la street usando la Rolleiflex, così anche con la fotografia in grande formato sul paesaggio la fase di pre-visione ed analisi della composizione risultano fin da subito strategiche e determinanti per una buona riuscita di un scatto.
Ritengo che questo aspetto sia essenzialmente il fulcro della fotografia in grande formato di paesaggio.
Si tratta prima di tutto di un’analisi interiore su quanto si percepisce tramite i sensi (sì non solo la vista), al fine di valutare quanto più correttamente una situazione e capire se effettivamente il gioco vale la candela ovvero se ha senso o meno scattare.


Un’altra questione di primaria importanza è rappresentata dalla necessità di “archiviare” le informazioni sugli scatti che si eseguono.
Prima di questa uscita non mi ero minimamente posto il problema e il caso ha voluto che nello zaino avessi una moleskine intonsa che ho fin da subito riadattato a “fields notes”.
Perchè è importante?
Beh nel momento in cui si va in camera oscura per lo sviluppo prima e la stampa dopo, avere un riferimento di come si è scattato ed eventualmente altre note sulla situazione metereologica o morfologica aiutano a personalizzare questi due momenti che sono la naturale evoluzione dello scatto sul campo.
Ritorno quindi a casa con molta curiosità e la classica frenesia di entrare in camera oscura per toccare con mano la fotografia di grande formato, ma anche con la consapevolezza che questa fotografia richiede più di ogni altra una visione chiara di cosa si vuole raccontare di come lo si vuole fare.
I prossimi mesi saranno utili per capire se affiancare all’attività digitale anche questa soluzione.
2 Comments
[…] L’evento cade a fagiolo visto il recente percorso che ho iniziato nella fotografia in grande formato. […]
[…] le esperienze in solitaria del mese passato, oggi posso dire di aver maturato una maggior consapevolezza rispetto al “fare […]