E’ possibile scrivere un libro dai contenuti interessantissimi e allo stesso tempo renderlo quasi illeggibile?
Sì è possibile.
Al termine della lettura di Plant Revolution mi ritrovo combattuto tra il bruciare il libro o tenerlo a portata di mano sulla scrivania.
Ma andiamo con ordine.
I contenuti che Mancuso espone in questo libro, almeno nella prima parte, non sono solo affascinanti, ma sotto certi aspetti sono assolutamente strategici per guardare in maniera diversa la Natura da un lato e studiare nuove strategie di sopravvivenza dall’altro.
Il concetto di “rete” vegetale mi è parso fin da subito chiarissimo nella sua impostazione. L’idea che le piante comunichino tra loro, idea che avevo già letto qualche anno fa non ricordo bene dove, ci presenta un mondo vegetale forse ben più consapevole di quanto noi pensiamo anche se onestamente confesso che il più delle volte mi è difficile guardare un albero, un boschetto, una foresta e pensare ad un unicum.
Per noi è poi praticamente impossibile aspettarsi che questi vari unicum abbiamo un vocabolario, un lessico ed una capacità comunicativa.
Per quanto homo sapiens sia dotato di grandissime potenzialità, e nel corso della sua esistenza abbia fino ad oggi dato prova di queste, su altre questioni, vuoi per mancanza di strumenti di indagine, vuoi per arroganza, vuoi per ignoranza, rimane assolutamente attonito ed incapace di accettare un pensiero non lineare.
Io per primo fatico ad accettare tantissime questioni legate alla Natura, ma col tempo ho imparato prima di tutto che io non so nulla e che quindi è quanto mai inutile porsi con dei preconcetti viziati da una visione clamorosamente parziale di fronte all’ambiente che mi circonda.
Detto questo, la cosa che mi ha profondamente disturbato nella lettura di Plant Revolution è una sorta di boriosità di Mancuso molto sottile.
Un po’ nello stile “io son io e voi non siete un cazzo“.
Da buon accademico lascia trasparire tra le righe quella superiorità intrinseca di un certo tipo di cultura mascherandola però con l’entusiamo tipico di chi vive un argomento non come un lavoro ma come una passione.
Il libro nel suo complesso non mi ha convinto per nulla.
Leggendo altre recensioni mi trovo d’accordo sul fatto che poteva essere ridotto di almeno un terzo.
L’ultima parte infatti nulla ha a che vedere con gli argomenti presentati ad inizio libro se non, dal mio punto di vista, per autocelebrarsi raccontando di eventi relativi alla carriera dell’autore.
Non credo che testi come questo possano smuovere le coscienze del popolo impegnato su ben altri problemi.
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