“Non sempre posso fare una passeggiata, arrampicare, o andare in barca a vela. Quindi ho imparato a chiudere fuori il mondo.
Ci ho impiegato parecchio tempo. Solo quando ho capito che ho un intimo bisogno di silenzio, ho potuto mettermi alla sua ricerca; nei miei recessi più intimi, sotto la cacofonia dei rumori del traffico e dei pensieri, della musica e dei macchinari, degli iPhone e degli spazzaneve, lui era lì che mi aspettava.”
Questo l’incipit del libro “Il silenzio” di Erling Kagge, primo uomo a conquistare quelli che vengono definitivi “i 3 poli” ovvero Polo Nord, Polo Sud ed Everest.
Il libro in se è abbastanza interessante, basato fondamentalmente sulle esperienze personali di Kagge, presenta una formula “a risposte” che mi è particolarmente piaciuta.
Risposte però a cosa?
Ecco le 3 domande su cui l’autore ha cercato di dare una risposta:
1- Che cos’è il silenzio?
2- Dove lo si trova?
3- Perché è più importante che mai?
Mentre leggevo il libro mi sono accorto che spesso andavo con i ricordi a tutte quelle situazioni dove effettivamente avevo provato una sensazione di silenzio.
Un silenzio però, che mi sono accorto, considerato prettamente dal lato “fisico”.
Dopo aver letto qualche risposta, mi sono reso conto che il silenzio non è solo l’assenza di suono, quindi come dico io una manifestazione fisica di un’assenza, ma esiste anche un silenzio interiore che si può manifestare anche in presenza di rumore.
Partendo dal presupposto che avendo gli acufeni ormai da almeno 10 anni, il silenzio fisico mi è praticamente impossibile trovarlo, ben diversa è però la sensazione di raggiungere un determinato silenzio interiore.
Questo inverno per la prima volta ho trascorso diverse settimane in montagna e ad ogni ritorno in città mi sono accorto di quanto rumore circondi la mia vita e di quanta necessità invece di silenzio, di un certo tipo di silenzio, abbia bisogno.
Ho anche notato che nell’impossibilità di ritagliarmi una bolla silenziosa, faccio anche molta fatica ad isolarmi mentalmente in un qualsiasi stato di silenzio interiore.
La mia mente, continuamente sollecitata, non è in grado di raggiungere quello stato di tranquillità necessaria per far emergere il silenzio interiore.
Come si fa a risolvere questo problema?
Mi sono ricordato che uno dei passaggi della mindfulness, una volta raggiunto un buon grado di esperienza, è quello di meditare durante un’attività.
A questo scopo, il cammino è una delle azioni predilette.
Con questo pensiero ho recuperato i ricordi di qualche camminata ed in effetti posso dire che lo stato nel quale mi trovo durante un’escursione o una semplice passeggiata immerso nella natura, è una sorta di assenza/presenza, ovvero i pensieri si fanno leggeri e subentra una sorta di oblio dal quotidiano che lascia spazio alle sensazioni corporee dello stare in ambiente.
E’ letteralmente un “fare spazio”.
Ora che ci penso, questo effetto del fare spazio lo raggiungo semplicemente stando in quello che sto facendo, camminando.
Non ho bisogno di pensare di smettere di pensare, è automatico.
E’ come se lo stare in ambiente fosse effettivamente, ed in verità credo proprio che lo sia, una cura efficace al troppo pieno della mia vita.
In questo lungo percorso di ricerca, il silenzio è uno dei punti cardine del mio credo e della mia fotografia.
Ho capito che per realizzare la mia fotografia, il mio punto di partenza è proprio il silenzio in quanto è una delle condizioni necessarie affinché riesca a creare quelle condizioni di ascolto, di me e del tutto che mi circonda, indispensabili per esprimere il mio sentire.
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