Cosa accade quando un popolo, una cultura, non possiede nel proprio vocabolario una termine universalmente conosciuto ed usato?
Questa è una delle domande che continua ad assillarmi dopo aver letto Ecologie native di Emanuela Borgnino.
Sto continuando a chiedermi non solo come un popolo pensi in maniera diversa, ma come la mia cultura inevitabilmente ne risenta.
Non ho ancora trovato nessun tipo di risposta, ma sto continuando a rimuginare sulla questione.
Ad esempio mi sto chiedendo che valore abbia il termine Natura che oggi lo ritroviamo in ogni contesto legato in particolar modo ai cambiamenti climatici o ad una nuova consapevolezza di aver perso quella relazione con un noi ancestrale.
Mi chiedo se l’utilizzo di questa parola determini automaticamente una divisione, un noi ed un loro.
Mi chiedo se coniare e quindi utilizzare un determinato termine modifichi la percezione del suo significato.
Mi chiedo chi abbia deciso l’associazione di un termine ad un significato. Siamo proprio sicuri di essere “dalla parte del giusto”? Esiste una parte del giusto ed una dello sbagliato?
Forse sono solo pensieri inutili, ma è innegabile che l’esistenza di culture che non possiedono determinate terminologie permette un diverso tipo di approccio, un diverso tipo di sentire, un diverso tipo di responsabilità.
E’ come se fossero liberi da un costrutto che diversamente li vincolerebbe al suo significato.
Spesso ho la sensazione che l’uso di una parola sia inevitabilmente legato alla perdita di significato di quella stessa parola.
E’ come se l’uso ne privasse del suo contenuto.
Noi occidentali che ogni mattina ed ogni sera ci sciacquiamo la bocca con il termine “natura” quando siamo poi i primi a violarne ogni significato, qualunque esso sia.
Penso che utilizzare il termine Natura ci ponga al di fuori di essa, in quel tipico approccio antropocentrico nel quale giochiamo il nostro ruolo di custodi.
Ma quindi esiste la natura?
Forse è bene ricordarlo, questo ruolo ce lo siamo dati noi.
Ecco che un po’ più di umiltà potrebbe in parte ridefinire l’ordine “naturale” delle cose, ma non vedo in noi la volontà di fare questo passo.
Per il momento rimango nella mia bolla a pensare a questi argomenti che, onestamente, mi danno piuttosto da fare.
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