Mercoledì 1 novembre sono di nuovo per sentieri ad accompagnare Andrea desideroso di conoscere qualche zona nuova dell’Appenino Emiliano.
La giornata non è certo delle migliori. Il cielo è coperto, scende a tratti una leggerae pioggia, quasi uno spray, e quando smette è perchè infuria il vento.
In una parola: autunno
L’uscita di oggi prevede un giro ad anello ed una cima di poco più di 1700 metri.
La salita è piuttosto complicata dall’abbondanza di fango. Si scivola ripetutamente e l’acqua è ovunque.
Per ogni passo in avanti se ne fa un mezzo indietro. Fa parte del gioco inutile ostinarsi.
Usciti dal bosco, un vento da nord piuttosto ostico non lascia molto spazio alle parole.
Ci lanciamo sulla direttissima per evitare di prendere il vento di petto e così facendo esponiamo solo il nostro lato destro all’incessante spinta del vento.
Oggi è una di quelle giornate nelle quali pianti solo una bandiera del “fatto”. C’è poco spazio per godersi l’uscita ed un panorama che a tratti è praticamente invisibile.
Raggiunta infatti la vetta, giusto il tempo di un cambio di maglia ed una rapida occhiata in giro e si riprende il sentiero verso il basso.
Al sicuro tra i faggi e macchie di abeti scendiamo lentamente godendoci una calma quanto mai benefica.
Mi sovviene un ricordo della cartina della zona sulla quale era indicato un laghetto. Beh oramai che siamo qui ed è presto una visita vale sicuramente lo sforzo.
Il laghetto in verità è una pozza paludosa di qualche metro quadrato ma l’assenza totale di vento ci regala un piccolo angolo di quite e bellezza.
L’acqua è pressochè assente e l’erba cresce alta in questa pozza di luce lasciata dagli alberi che invece assediano i bordi dello stagno. Un tronco caduto se ne sta adagiando a testimonianza di un fasto ormai lontano.
Forse l’aspetto che mi più mi coglie è questa luce morbida, quasi marcia, che invita al raccoglimento, allo stare, all’osservare senza toccare, al muoversi silenziosi.
Scatto un paio di fotografie senza molte pretese e proprio mentre sto riponendo l’attrezzatura nello zaino ecco che si manifesta uno scorcio che, come sempre mi accade, cattura il mio sguardo e mi emoziona.
Undici abeti così disposti a raccontare di un ritrovo, di una comunanza. Come un consiglio di alberi, ognuno al suo posto, ognuno con la sua storia. Ognuno pronto a raccontarsi.
Sono sorpreso, direi clamorosamente emozionato di fronte a questa disposizione, a questa luce, a questa vista.
Scatto due fotografie, una verticale ed una orizzontale. Niente altro, va bene così.
Mi fermo qualche minuto a guardare in direzione di questi undici abeti cercando di capire il perchè di tanta emozione, ma non lo capisco.
Lo accetto, oggi mi accontento di “sentire” questa emozione.
Comincia a piovere con decisione, lasciamo gli undici abeti al loro angolo di paradiso sognando qualcosa di caldo da mettere nello stomaco.
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