Sono passati poco meno di 10 mesi dall’ultima visita in appennino e questa volta il meteo è stato sicuramente più clemente.
Mi ero nuovamente ripromesso di concatenare le tre cime che dominano l’anfiteatro tra il lago Santo ed il lago Baccio, ma anche stavolta il Monte Giovo è rimasto inviolato. Ormai pare una chimera irraggiungibile.
Nonostante questo, in una giornata calda ed afosa tipica di luglio, ho nuovamente esplorato questi luoghi a me cari. Le sponde del lago Baccio già in versione autunnale, la faggeta ai piedi del ripido pendio che porta al crinale, le enormi pietraie ormai somiglianti più a gusci giganti che a vere e proprie pietre.
Come sempre l’impressione è quella di un museo a cielo aperto di quello che qualche era fa doveva essere un mare tumultuoso. Non posso non provare ad immaginare cosa sia stato prima e durante.
Prima, mentre il fondale che oggi sto guardando era ricoperto di acqua salata.
Durante, nel processo lento ed inarrestabile di innalzamento e poi erosione delle cime e dei versanti.
Ghiacciai ormai estinti, forme di vita stampate sulle rocce, aria densa di pulviscolo da erosione.
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