Ho il cuore in gola mentre salgo sul ripido pendio che porta al crinale. Ho paura, sento l’attacco di panico che lentamente sta guadagnando terreno ad ogni mio passo. Le nuvole mi avvolgono in un paesaggio spettrale, i sensi sono persi, solo qualche violenta folata di vento mi scuote dal terrore che avanza.
Tengo il sentiero che si confonde davanti a me guardando fisso in basso. Gli occhi sono costantemente alla ricerca dei segni bianco e rosso come se fossero un salvagente in mezzo al mare. Prima uno, poi l’altro come in una sequela di briciole di pane seguo la via. Ansimo pesantemente. La gola è secca e faccio fatica a parlare. I dubbi si affollano spintonandosi. Non capisco dove siamo, guardo in basso dove dovrebbe esserci il pendio che scende a valle, ma vedo solo un’indistinta massa grigia informe ed inconsistente.
Una sorta di convulsione furiosa si impadronisce di me e mi spinge verso l’alto. Voglio raggiungere la cima il più presto possibile perché prima arrivo, prima comincerò a scendere. Finalmente sono in cima, sotto l’ennesima croce, spero non sia di cattivo auspicio. Bevo. Ho freddo e sono agitato. Il cuore ormai ha ceduto alla tachicardia e l’agitazione serpeggia tra i miei muscoli.
Velocemente riprendiamo il cammino, imbocco il sentiero più logico, ma i segni sono scomparsi. Nessun colore, nessun omino di pietra ad indicare la via. Sono stanchissimo. Che fare? Inutile continuare su questa via, troppo pericolo. Risalgo di nuovo in vetta e ritrovato il giusto sentiero, guadagno di nuovo il crinale. Voglio scendere, ho fretta di scendere e le condizioni meteo sembrano peggiorare. La fretta non è mai buona consigliera e faccio ragionamenti poco lucidi, ma per fortuna non sono solo. Condividiamo i dubbi e come spesso accade la via migliore da percorrere è quella dell’andata. Un passo dopo l’altro seguiamo l’impervio crinale fino a raggiungere il punto di uscita della salita.
Lentamente scendiamo lasciandoci finalmente le nubi come un tetto sopra la testa. Il panorama, sverzato da un furioso vento gelido, si apre mostrando la foresta di faggi che si estende sotto di noi. Il cuore si placa. Mi siedo per un paio di scatti. Recupero. Si scende. Il Rondinaio rimane un luogo maledetto, in questa stagione così come d’estate quando i temporali infuriano sul crinale spaccando la roccia, il meteo domina incontrastato su queste cime erose dal tempo, niente è scontato anche nelle zona che si conoscono come il proprio giardino di casa.
Solo una settimana fa ero immerso in un bosco di colori caldi e rassicuranti, oggi, in preda al panico, mi sento spossato, emotivamente distrutto.
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[…] passati poco meno di 10 mesi dall’ultima visita in appennino e questa volta il meteo è stato sicuramente più […]