Inizio dalla fine: dopo 3 ore di esplorazione della gola delle cascate del Bucamante e del relativo Rio, annaspo sulla salita finale aiutandomi con un bastone improvvisato. Un passo avanti e 4 indietro, ho fango ovunque e impreco mentre cerco di non rovinare a valle. Mi fermo per prendere fiato guardando in basso dove il ruscello scorre baldanzoso, un gruppo di fotografi è appena arrivato. Appena in tempo per fuggire. Ancora pochi passi e si esce.
Quella di domenica, come altre le altre che l’hanno preceduta, per essere una microadventure, doveva essenzialmente rispondere ad un’esigenza ben precisa: la solitudine. E così è stato!

Complice il tempo infame, domenica ho avuto il privilegio ed il lusso di avere 3 ore di solitudine in compagnia di alberi, acqua, fango, sassi, muschi, foglie e tanto altro ancora. In parte sono qui con me, ancora attaccate allo zaino ed al cavalletto che si stanno asciugando sul balcone. Un piccolo ricordo di un grande mondo che come sempre cresce e si sviluppa intorno ad un corso d’acqua.
Non nascondo che ero molto curioso di vedere le cascate che decorano questa gola gonfie d’acqua. Ero stato qui solo una volta ormai 4 o 5 cinque anni fa in un secchissimo autunno ed avevo capito subito che questo luogo aveva delle grandi potenzialità. Bisognava solo avere pazienza…
Le abbondanti piogge delle ultime 3 settimane hanno finalmente ridato lustro a questa gola ed al suo ruscello regalandomi uno spettacolo forse fin troppo bello.

Tra le tante belle cose viste durante la mia passeggiata alle cascate del Bucamante, voglio soffermarmi su di una in particolare. Durante la risalita del torrente, si giunge ad una zona che somiglia ad una piccola spiaggia naturale denominata “area di sosta grande masso” in quanto un enorme masso si trova proprio a bordo ruscello e caratterizza in maniera unica questo piccolo anfratto. Il torrente scorre tranquillo in questa zona anche se poco più a sud la prima vera cascata gorgoglia rumorosa. Proseguendo lungo il sentiero, ci si lascia il torrente in basso e ci si addentra maggiormente nella foresta e dopo qualche decina di metri si apre una grande anfiteatro dominato in primo piano da alberi ricurvi come fossero lunghi colli di dinosauri e sullo sfondo due splendide cascate gemelle che adagiate lungo il pendio scorrono con una grazie della quale faccio fatica a trovare le giuste parole.

Confesso che era da tanto tempo che non rimanevo così interdetto da un paesaggio come in questa occasione. Nonostante il pensiero non mi abbia nemmeno sfiorato la mente, sarei comunque potuto tornare a casa in quel momento ed essere pienamente soddisfatto dell’uscita.
A fatica decido poi di lasciare questo piccolo paradiso e continuare la risalita del costone. Vengo premiato con una visione che nel mio immaginario ricorda molto quelle foreste del sud est asiatico o del Sud America, foreste ricche di acqua e di vegetazione con un tripudio di vita a cui personalmente non sono abituato. Una cascata, che apprendo poi giunto a casa, è chiamata la “Muschiosa” per via dell’abbondante muschio che in primavera si forma lungo la roccia. Una cascata che fino al 2004 era praticamente sconosciuta in quanto l’intera parete era invasa ed infestata dalla vegetazione.

Il giro termina poi scendendo lungo un ripido pendio, fortunatamente scalinato artificialmente, e si raggiunge la cascata principale denominata “Buca degli amanti”.
Il nome prende origine dalla leggenda che narra la triste storia di due amanti morti suicidi proprio in questa cascata.
Alla corte di Monfestino viveva una nobile dama di nome Odina, di appena 17 anni di età, bionda e splendida, passeggiava solitamente per i boschi accompagnata dalla domestica. In una di queste passeggiate incontrò il pastore Titiro, bello come un angelo. I due si innamorarono, continuando a incontrarsi in segreto. Finché un giorno la domestica rivelò la relazione amorosa ai genitori di Odina, re Guidobaldo e la moglie Elvira, che decisero di rinchiudere la figlia nel castello. Odina fuggì da quella prigione familiare, correndo senza sosta da Titiro. Iniziate le ricerche degli amanti, le voci dei domestici tra gli alberi vicino al loro nascondiglio, fecero capire ai due innamorati l’impossibilità di una vita in comune. Presero la decisione di abbracciarsi per l’ultima volta gettandosi nella cascata, uniti per l’eternità. Nella caduta, il peso dei loro corpi fece sprofondare il terreno sotto la cascata. Da qui nacque la leggenda che quella voragine fosse la “buca degli Amanti” di Odina e Titiro.
I 2 itinerari che si sviluppano lungo la gola prendono proprio il nome dai due amanti. Qui è possibile avere una visione d’insieme dell’area e degli itinerari.

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