Mi fa sempre piacere ricevere da altri consigli su libri da leggere. E’ un buon modo per ampliare i propri orizzonti sopratutto se i suggerimenti di scostano dal proprio filone.
Non nascondo che in questo periodo particolare la lettura, da sempre mio caposaldo come fonte di ispirazione, oggi abbia riacquistato uno spazio importante del mio tempo.
Oggi vi propongo tre libri che ho letto negli ultimi mesi, per alcuni ho scritto anche un post, per altri invece ho tenuto per me le considerazioni che ne sono scaturite.
1. Le antiche vie. Un elogio del camminare
“Gli uomini sono animali, e come tutti gli animali anche noi quando ci spostiamo lasciamo impronte: segni di passaggio impressi nella neve, nella sabbia, nel fango, nell’erba, nella rugiada, nella terra, nel muschio. È facile tuttavia dimenticare questa nostra predisposizione naturale, dal momento che oggi i nostri viaggi si svolgono per lo più sull’asfalto e sul cemento, sostanze su cui è difficile imprimere una traccia. Molte regioni hanno ancora le loro antiche vie, che collegano luogo a luogo, che salgono ai valichi o aggirano i monti, che portano alla chiesa o alla cappella, al fiume o al mare”. Robert Macfarlane è l’ultimo, celebrato poeta della natura, erede di una tradizione che da Chaucer fino a Chatwin e Sebald è capace di trasformare una strada in una storia, un sentiero su un altopiano in un viaggio nella memoria. Riallacciando l’ancestrale legame tra narratore e camminatore, Macfarlane compie il gesto più semplice, eppure oggi anche il più radicale: quello di uscire dalla sua casa di Cambridge e iniziare a camminare, a camminare e osservare, a osservare e raccontare. Battendo i sentieri dimenticati di Inghilterra e Scozia, l’antico “Camino” di Santiago, le strade della Palestina costellate di checkpoint e muri di contenimento, gli esoterici tracciati tibetani, Macfarlane riesce, come un autentico sciamano, a far parlare paesaggi resi muti dall’abitudine, a dare voce ai fantasmi che li abitano, a leggere i racconti con cui gli uomini hanno abitato il mondo.
Il libro di Macfarlane è una perla assoluta della letteratura, ho trovato al di là dei contenuti interessanti, una poesia nel raccontare il paesaggio e le sue personali esperienze che, non nascondo ad ammetterlo, hanno cambiato alcune modalità con cui frequento l’ambiente.
Siamo quasi sempre talmente proiettati in avanti, verso il futuro, che difficilmente volgiamo il nostro sguardo indietro. Guardare da dove siamo venuti, intravedere il percorso che abbiamo compiuto, è fondamentale per capire dove vogliamo andare.
2. Camminare, Elogio dei sentieri e della lentezza
David Le Breton torna sullo stesso tema di Il mondo a piedi (Feltrinelli, 2001 “come un camminatore che, anni dopo, torna su un percorso che ha immensamente amato”. Uomo di grande sensibilità e cultura, illuminato interprete del suo tempo, Le Breton raccoglie in queste pagine schizzi paesaggistici, riflessioni e aneddoti sul camminare e sui camminatori, rievoca tradizioni e personaggi storici e ci offre un punto di vista inedito e ispirato su un aspetto insolito del viaggio. Percorrere sentieri e rotte insolite, sondare foreste e montagne, scalare colline solo per il piacere di ridiscenderle, poter contare solo sulle proprie forze fisiche, esposti di continuo agli stimoli del mondo fuori e dentro se stessi: questo è il camminare, un anacronismo in una contemporaneità che privilegia la velocità, il rendimento, l’efficienza. Per Le Breton camminare è un lungo rito d’iniziazione, una scuola universale, una filosofia dell’esistenza che purifica lo spirito e lo riconduce all’umiltà, un atto naturale e trasparente che restaura la dimensione fisica del rapporto con l’ambiente e ricorda il sentimento della nostra esistenza.
Riappropriamoci di questo gesto: camminare! Leggendo questo libro ho capito quanto sia fondamentale nella nostra storia di homo il camminare. E’ un gesto che oggi possiamo leggere come rivoluzionario. In un’epoca nella quale l’adesso e subito è un mantra che può essere assecondato solo con la velocità, il gesto di camminare è una presa di posizione forte e netta che tende al riappropriarsi di un tempo che si sposa necessariamente meglio con le nostre esigenze. Ci permette anche di riappropriarci di uno spazio che la velocità tende ad annullare.
In estrema sintesi, camminare ci porta a vivere lo spazio ed il tempo come un viaggio e non solo come un obiettivo finale. E’ un concetto fondamentale se vogliamo provare a sopravvivere allo tsunami tecnologico che è dietro l’angolo.
3. La lezione del freddo
«Volpe, pneumatico, volpe, uccellino, ciaspola, cane. La neve ci parla dell’ordine delle cose. Del prima e del dopo. Si esprime qui tutta la sincerità del mondo: non puoi nascondere il tuo passaggio alla neve».
Un filosofo, la sua famiglia e altri animali all’esigente scuola del freddo: ritrovare un sentiero perso nel bianco; leggere Thoreau e Hawthorne; mai e poi mai usare il freno sul ghiaccio; coltivare stalattiti; costruire un pratico igloo davanti a casa, lasciare il cane in macchina senza farlo congelare…Piegare la vita domestica alle intemperie significa imparare ad assecondare la natura invernale del mondo. Senza fuggirla, addestrando la mente e le mani a comprenderla. Perché il freddo non è un nemico, per quanto sia temibile.
Il giorno in cui la famiglia trasloca nel New Hampshire, davanti agli occhi si apre un incanto: la casa è immacolata, le doghe di legno percorse dalle ombre del bosco, il tetto verniciato di un azzurro fiabesco. L’estate caldissima sembra non voler mai terminare, ma le allusioni misteriose nelle conversazioni con i vicini e i colleghi fanno presagire una minaccia. In un batter d’occhio arriva la neve, il grande fiume è già ghiacciato, bisogna attrezzarsi: le bambine e il cane ammirano in silenzio lo spettacolo bianco in cui vivranno per un anno. Tra sputaneve elettrici e cataste di legna, orsi nel giardino e incendi divampati nella canna fumaria, piste di fondo oniriche e impronte calcate nel bianco per essere certi di ritrovare la strada, la grande scoperta è che il gelo può diventare un membro della famiglia, una lente d’ingrandimento, un modo di sentire. L’esperienza quotidiana del freddo è un’avventura estrema, a cui non siamo piú abituati e che potrà sorprenderci come una possente rivelazione. Con la praticità dell’uomo di casa e lo sguardo del filosofo, Roberto Casati ha elevato un altare al freddo in mezzo a betulle sottili che in primavera finalmente raddrizzano la schiena. Un racconto imprevedibile e fulminante, un manuale di sopravvivenza, una time capsule confezionata con amore pensando ai figli e alle figlie del riscaldamento del pianeta. «Se uno guarda il sentiero che traccio, all’andata vede uno zig-zag, una linea tratteggiata di piedi destri e piedi sinistri. Al ritorno cerco di calpestare la neve con le ciaspole dove non ero passato all’andata, per rendere uniforme il sentiero. Ho deciso di chiamarla la camminata etica, pensa chi ti segue, aiutalo».
La casa è il baluardo ultimo, il rifugio dentro al quale riponiamo tutte le nostre speranze di salvezza. Quando fuori imperversa l’inverno, quando non possiamo uscire da quella porta che ci separa dal mondo, è necessario aguzzare l’ingegno per sopravvivere alla quotidianità. Casati racconta con una dolcezza preziosa la propria esperienza invernale nel New England, un’esperienza da estraneo che porta lui e la sua famiglia a vivere quasi 12 mesi a stretto contatto con un bosco che pare avere una propria personalità (quale bosco non ha una sua personalità?), con una natura e con una stagione, l’inverno, che in ogni momento del giorno fa sentire chiara e forte la propria voce.
Un libro che in questo momento di clausura forzata ci permette di evadere un poco dalle nostre quattro mura domestiche e viaggiare con la mente e con il cuore come solo con la lettura si può fare.
Mi auguro con questi tre piccoli suggerimenti di arricchire non solo la vostra biblioteca, ma anche le vostre esperienze e perché no, magari darvi qualche spunto per approfondire i temi posti dai libri.
Leave a reply