A volte mi capita di imbattermi in fotografi che catturano la mia attenzione al di là delle loro fotografie.
Molto più raramente mi capita di incontrare fotografi, in particolare di paesaggio, che mi stimolino intellettualmente e spiritualmente.
Oggi vi parlo di Ingrid Weyland ed del suo progetto “Topografia della fragilità”, titolo originale “Topographies of Fragility“.
Ingrid è una fotografa argentina cresciuta in una famiglia di scultori e architetti, circondata quindi da un certo tipo di cultura dell’estetica. Da qui viene la sua passione per la forma, l’immagine e la composizione.
Storia che l’ha portato poi a studiare graphic design all’università di Buenos Aires per poi successivamente dedicarsi alla fotografia.
Agli inizi della carriera Ingrid si concentra sul ritratto per poi dedicarsi alla fotografia di paesaggio attraverso immagini evocative che rappresentano la fragilità dell’ambiente naturale.
Il suo progetto Topografia della fragilità mi ha letteralmente stupido lasciandomi a bocca aperta.
Riporto senza tradurre la sinossi del progetto in inglese:
I have traveled from southern Argentina to the ice of Greenland.
I have always been attracted to solitary and silent sceneries, bonding to a point where these spaces become a source of containment and protection, a private sanctuary.
It is perhaps because of this feeling that, back home, I devised a strategy to try to return the gesture to nature. As a tribute, and possible farewell, to my emotional refuge, which has experienced serious environmental degradation, and through the materiality of the printed image, I intend to highlight the violent damage suffered by them, by manipulating and distorting my own personal landscapes. In these landscapes that at first glance would seem pristine and immaculate, we then notice their decline, their deterioration; which becomes a wake-up call, a way of questioning our relationship with the natural world. This has evidently become an urgent matter.
It is said that a wrinkled piece of paper, can never regain its original shape, the trace persists. In the same way, nature which is disrespectfully invaded, is forever broken, and many times unrecoverable.
Non nascondo che in passato ho visto qualcosa di simile, ma il progetto di Ingrid ha qualcosa in più, lascia trasparire una sensibilità ed una sofferenza rispetto all’ambiente che ci circonda che mi trova particolarmente in sintonia.
C’è bisogno veramente di tante voci come Ingrid Weyland che pongano l’accento sulle problematiche ambientali a 360 gradi.
Fino ad oggi abbiamo sentito solo grandi proclami e impegni solenni, ma al lato pratico oggi si parla ancora di centrali a carbone ed altre amenità del genere.
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