E’ evidente come una larghissima fetta della nostra società ruoti intorno ai social network. Facebook, Instagram, TikTok ecc. sono solo alcune delle piattaforme che giornalmente una larghissima fascia di popolazione mondiale utilizza.
Svariati esempi di persone divenute celebrità grazie a queste piattaforme, hanno instillato nella mente delle persone che solo attraverso l’uso di queste App si può avere successo nella società odierna.
Il passo successivo è veramente breve, ovvero produrre contenuti come gli influencer. Ma come trovare posti interessanti, accattivanti, alla moda. Posti da WOW!!!?
Attraverso la geolocalizzazione è possibile identificare la posizione di tantissimi luoghi quasi con una precisione millimetrica.
Si scorre il feed, si trova la foto che ci piace, si guarda dove è stata fatta, ed il gioco è fatto. Si parte per il luogo ameno di turno per riprodurre la stessa medesima immagine già vista sui social. A testimonianza che anche io, sì anche io, ci sono stato.

Diamo quindi il via al dibattito: geolocalizzare, da un punto di vista prettamente ambientale, è giusto o no?
I detrattori della geolocalizzazione sostengono che questa pratica sia profondamente dannosa per l’ambiente. Il motivo è presto detto: nei luoghi eletti tramite la geolocalizzazione il numero di frequentatori è sicuramente di volumi molto diversi. Magari alcuni posti vengono inseriti nei famosi tour organizzati in pullman. Insomma, il risultato di questa affluenza è ovviamente, per chi vuole vedere, un deterioramento dell’ambiente in senso lato.
Ma che ruolo giocano i social media in tutto questo?
Da uno studio di Sprout Social, è emerso come i post geolocalizzati abbiamo un coinvolgimento del pubblico superiore del 79% rispetto a quelli senza.
E’ evidente che chi punta ad essere un influencer questa percentuale è un numero particolarmente significativo.
Ma al di là delle evidenti sofferenze dell’ambiente, c’è altro?
Beh ad esempio i rischi legati alla frequentazione di certi luoghi da parte di un numero sempre maggiore di persone non fa che aumentare la probabilità che si verifichino incidenti che richiedano ad esempio l’intervento del soccorso alpino.
Ogni estate il numero degli interventi dovuti all’inesperienza, alla poca preparazione o all’assoluta superficialità dei frequentatori della montagna è in costante aumento.
In altri luoghi si sta progressivamente andando verso un’idea di numero chiuso o di forti limitazioni all’accesso.
Quel che non si vede è una politica di formazione o di comunicazione su quelle che sono le buone pratiche di frequentazione della natura, ad esempio utilizzare il trasporto pubblico, rimanere sui sentieri, rispettare la fauna, non lasciare tracce dietro di se, ecc..
La domanda che mi faccio quindi, e che faccio anche a te che stai leggendo, è la seguente: l’Ambiente, la Natura, è per veramente una cosa per tutti?
Post liberamente interpretato da
“The Good, The Bad, and the Geotag“
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[…] inizio ottobre avevo scritto un post sulla geolocalizzazione prendendo spunto dall’originale “THE GOOD, THE BAD, AND THE GEOTAG“ che avevo letto in […]