L’altro giorno me ne stavo comodamente seduto in balcone sulla mia poltrona preferita e non avendo altro da fare ho prestato l’orecchio ai rumori ambientali che mi circondavano.
Abito in città quindi i rumori sono quelli che miliardi di persone come me ogni giorno ascoltano.
Ho realizzato però che la stragrande maggioranza di questi rumori provenienti da oggetti anche molto diversi tra loro hanno un unico comune denominatore: un motore.
Le ore sono passate, è venuta sera e con essa i rumori “molesti” si sono diradati ed affievoliti lasciando spazio ai rumori della natura rappresentati essenzialmente dagli uccelli. Le rondini con il loro balletto serale, i merli con gli ultimi richiami, le tortore con il loro tubare.
Poi è venuta la notte ed è calato il silenzio inframezzato ogni tanto da qualche animale notturno e con il tipico sottofondo estivo dei condizionatori, sempre di motori si parla.
In questo flusso di ore e rumori e silenzi mi sono chiesto quali fossero i rumori che un tempo dominavano il nostro quotidiano.
Il vento, l’acqua, gli animali.
Oggi se vogliamo recupeare, o forse sarebbe meglio dire sperimentare, questa dimensione, bisogna cercare luoghi isolati come la montagna.
Un alpeggio, un ruscello, qualche corvo, forse una mandria di bovini. A volte un refolo di vento altrimenti tutto tace immobile.
E’ una dimensione a cui non siamo minimamente più abitati.
E’ una dimensione che mi rendo conto, per quanto mi riguarda, funge da carburante per portarmi in alto sulle vette o nei boschi o in qualunque luogo nel quale la presenza antropica sia limitata al massimo o inesistente.

Ma cercare il silenzio non basta!
Per poter vivere il silenzio non basta isolarsi in un luogo remoto, è necessario anche maturare una certa predisposizione interiore perchè se è vero che le orecchie possono anche non sentire, diverso invece per i nostri demoni interoriori.
Cercare il silenzio va di pari passo con un rilassamento interiore che permetta al silenzio che c’è fuori di penetrarci ed unirsi al silenzio che c’è dentro.
Alla fine si tratta sempre di trovare un equilibrio.
Lasciare andare per permetterci di lasciar entrare.
Non a caso negli ultimi tempi iniziative tipo “il bagno di foresta” proliferano in lungo ed in largo.
Molta gente, per quanto continuamente stimolata dalla tecnologia, non ne può più di questo mondo e di questa società convulsa, iperattiva, che non lascia nessuno spazio all’introspeziose ed alle sperimentazioni personali.
E’ chiaro quindi che in tantissimi cercano una via di uscita, anche solo di qualche ora, dalla quotidianità ormai divenuta insopportabile.
Per quanto mi riguarda la pratica del camminare è propedeutica al trovare un certo silenzio interiore. Lasciarmi alle spalle il caos interiore, lasciarlo fluire attraverso i piedi, mi permette di entrare in sintonia con l’ambiente che mi circonda.
Quello che ne ottengo è una maggiore presenza, una maggior attenzione intuitiva degli odori e dei rumori.
Liberarsi della cacofonia interiore mi permette di lasciare spazio alla vista.

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